Vino fa rima con bambino?

Bonella Ciacci e la pancia che cresce

Vino fa rima con bambino?

Lo spinoso argomento del vino in gravidanza (e degli alcolici in genere). Tra dicerie, eccessivo terrorismo psicologico e facilonerie, proviamo a capirne di più.

Letto (e vissuto) per voi da Bonella Ciacci

Bonella Ciacci e la pancia che cresce

Bonella Ciacci e la pancia che cresce

La gioia di una gravidanza è spesso in realtà un percorso ad ostacoli, e per evitare i rischi si deve rivedere in toto le proprie abitudini alimentari. E’ conosciuto il problema della toxoplasmosi, che è legata ai cibi crudi come carne e verdure, e l’attenzione che va prestata a mangiare sano e leggero per evitare di accumulare peso eccessivo, che può essere problematico sia in fase di parto che dopo (per perderlo).

Per me, che felicemente sto vivendo la prima gravidanza, e che lavoro nelle cantine di Donatella Cinelli Colombini un’altra questione è diventata altrettanto spinosa e importante: capire se e quanto vino posso assumere durante questi delicati mesi. Lungi da me ovviamente dare consigli medici e rassicurare le donne o meno sull’assunzione di alcolici, quindi voglio mettere le mani avanti, invitando ogni donna in stato interessante a consultare sempre il proprio medico prima di prendere qualsivoglia decisione. Il mio desiderio è quello di raccontarvi la mia esperienza e magari aprire la strada al dubbio, anziché rimanere con non verificate certezze.

Molti ginecologi vietano assolutamente ogni assunzione di alcolici, di ogni tipo. Alcuni invece sono più permissivi e concedono il vino e la birra. Ho trovato invece unanimità di opinioni nel vietare nel modo più assoluto i superalcolici. Poi ci sono le dicerie popolari e leggende metropolitane, come quella per cui la birra rossa farebbe addirittura bene al feto.

Ma qual è la verità? Quando si consultano più medici, e si ricevono pareri discordanti, a chi dar retta? Mi metto nei panni di molte donne che, a digiuno di conoscenze mediche approfondite come me, si affidano a dei professionisti dei quali si presuppone preparazione e conoscenze. Eppure queste diverse “scuole di pensiero” disorientano. Il rischio che c’è dietro non è minimo, perché la sindrome alcolica fetale può avere conseguenze da lievi a molto gravi, dall’aborto al basso peso alla nascita e ad altri problemi che si manifestano durante la crescita del bambino.

In Inghilterra l’anno scorso un libro, “Expecting Better” di Emily Oster, causò l’insorgere della comunità medica, in quanto, da non medico ma soltanto

libro-oster

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avendo incrociato i dati di varie ricerche, l’autrice aveva pubblicato una specie di manuale con il quale tranquillizzava le donne nel bere un bicchiere di vino, assumere caffeina o mangiare sushi. In realtà gli studi e le ricerche anche degli ultimi anni hanno dato esiti molto contrastanti ed ancora non è certo quanto alcol si può assumere, sempre che si possa.

La mia personale esperienza con il mio ginecologo è di un medico che tende a tranquillizzarmi, dicendo che un bicchiere di rosso ogni tanto, e sottolineo ogni tanto, lo posso bere. E che in fondo, basta il normale buonsenso. Ho notato una cosa particolare però. Più che il gusto, che a me non si è modificato significativamente, si è modificato l’olfatto, e quando apro le bottiglie per le degustazioni, annusando una piccola quantità di vino nel bicchiere per verificare che non ci sia il classico “sentore di tappo”, non mi fido più di me stessa, e chiedo spesso aiuto alle colleghe. Percepisco molto più forti gli aromi “terziari”, ovvero quella gamma di aromi che che il vino assume dall’invecchiamento, più che quelli che vengono dall’uva e dalla fermentazione alcolica.

pancione e calice

pancione e calice

E sebbene il sentore di tappo sia ben riconoscibile, dubito di ciò che percepisco, perché mi rendo conto essere falsato rispetto al naso degli altri.

Io quindi continuerò a guidare le degustazioni finché potrò lavorare, magari assaggiando i vini che apro per i clienti ma utilizzando le sputacchiere per non “tentare troppo la sorte”. Ma se mi dovesse capitare di aprire una bottiglia particolarmente pregiata, magari uno dei nostri Brunello di Montalcino di una grande annata, un sorso glielo do. Senza esagerare, lo giuro, Donatella.