Voce, espressione e linguaggio del corpo delle enoguide
Nell’accoglienza in cantina conta ciò che viene detto ma soprattutto come viene detto, cioè il tono di voce e i messaggi emessi da volto e corpo
Di Donatella Cinelli Colombini
VOCE: TONO, RITMO, ESPRESSIVITA’, BREVITA’
Bisogna trasformare emozioni in parole. La voce deve far entrare l’enoturista in un mondo di passioni, di valori, di sensazioni positive e di amore per la terra e il vino.
Ma innanzitutto è necessario che il visitatore ci senta, la guida che parla sottovoce mette in difficoltà chi lo ascolta.
Il tono di voce è fondamentale per trasmettere emozione. Parlare in modo monocorde, senza pause e senza cambi di ritmo crea disaffezione, annoia, fa calare l’attenzione e trasforma qualunque discorso in una lezione che si ascolta malvolentieri.
Fanno lo stesso effetto le guide prolisse. Meglio parlare poco. Superare i 5 minuti per ogni spiegazione significa vedere gli occhi dei turisti che vagano disperati alla ricerca di altro. Attenzione alle pause di silenzio troppo lunghe, perché possono risultare imbarazzanti e abbassare la temperatura emotiva dei nostri enoturisti.
IL LINGUAGGIO NON VERBALE DELLA COMUNICAZIONE
Riprendiamo l’insegnamento di Albert Mehrabian e le sue celebri percentuali relative all’impatto delle varie componenti della comunicazione fra le persone: 7%-38%-55%.
7% è l’effetto dei contenuti, 38% quello della voce e 55% del linguaggio del corpo.
Anche gli addetti all’accoglienza in cantina devono tenere presente questi dati e accettare il fatto che espressione del volto, postura, attitudine corporea “parlano” più delle parole. Per questo ribadisco l’importanza di mostrarsi calmi e sorridenti anche quando abbiamo un diavolo per capello. Il professionista si distingue dal dilettante proprio perché è sempre in grado di far vivere un’esperienza enoturistica entusiasmante ai suoi visitatori e non solo quando ha avuto il colpo di fulmine.
Gli strumenti più importanti sono il sorriso e l’espressione del volto. Dimostrare il piacere di dare il benvenuto agli ospiti, anche andando loro incontro, è un buon inizio. Avere un’attitudine sorridente, complice, attenta, mette gli ospiti a loro agio, persino le spiegazioni risulteranno più interessanti se sottolineate dall’espressione del volto. Al contrario il viso inespressivo sconcerta gli interlocutori e rende meno incisivo il messaggio verbale.
Gli occhi permettono di instaurare un rapporto con i visitatori ma non devono fissare in modo insistente una specifica persona per non metterla in imbarazzo. Altrettanto sbagliato guardare le scarpe o avere uno sguardo sfuggente.
La postura eretta trasmette sicurezza così come la persona ingobbita esprime insicurezza. Le braccia incrociate oppure rigide trasmettono tensione. La gestualità che mette a loro agio i visitatori è rilassata e sottolinea i messaggi verbali. Attenzione tuttavia a non alimentare il luogo comune degli italiani che si muovono come marionette. Bisogna trasmettere fiducia e piacevolezza, sottolineare le emozioni del racconto orale ma senza gesticolare.
Per finire qualche precauzione: non guardare fisso negli occhi i giapponesi e mantenersi a una certa distanza dagli asiatici senza toccarli. E’ possibile invece abbracciare o dare una “pacca sulle spalle” ai nordamericani, creando una familiarità ben accetta.