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VinoVip 2017 c’era anche Cenerentola

Donatella Cinelli Colombini a VinoVip di Alessandro Torcoli fra i protagonisti delle “piccole patrie”- denominazioni emergenti con la Doc Orcia Cenerentola

VinoVip Cortina DonatellaCinelliColombini con Charlie Arturaola

VinoVip Cortina DonatellaCinelliColombini con Charlie Arturaola

Di Donatella Cinelli Colombini

VinoVip Cortina 10 luglio – Ci sono oltre decine di migliaia di cantine che imbottigliano con il loro marchio in Italia e la stragrande maggioranza sono piccole. Per questo guadagnarsi un posto nelle occasioni che contano è difficilissimo, la competizione è enorme. Ogni volta che vengo invitata lo considero un privilegio ma soprattutto una fortuna straordinaria perché fra i tanti bravi produttori che meritano questa opportunità essere prescelti è come vincere alla lotteria.
VinoVip è uno di questi eventi. Nasce nel 1997 a opera di uno dei più geniali giornalisti del vino italiani Pino Kahil, uno degli uomini che hanno fatto grande il vino italiano nel

VinoVip Cortina Riccardo Cotarella

VinoVip Cortina Riccardo Cotarella

mondo. Ogni due anni, riunisce a Cortina, le cantine più titolate d’Italia cioè quelle che producono vini di alta qualità da molti anni e in grandi volumi. Ricordo che mia madre era orgogliosissima di far parte di questo gotha, ma io non ho mai avuto l’opportunità di rappresentare l’azienda di famiglia e, quando ho creato la mia, nel 1998, sapevo bene che difficilmente avrei avuto la fortuna di andarci.
Invece, qualche mese fa, ho ricevuto l’invito a partecipare a VinoVip in una sezione intitolata “Giovani sognatori e piccole patrie” cioè produttori in erba con progetti audaci e rappresentanti di piccole denominazioni.

Chi sarà il primo Master of Wine italiano?

I candidati sono 5: Alessandro Torcoli Gabriele Gorelli Andrea Lombardi di Bertani Domains Pietro Russo di Donnafugata e Gianpaolo Paglia di Poggio Argentiera

Gabriele Gorelli

Gabriele Gorelli

Di Donatella Cinelli Colombini

I Master of Wine sono la “best wine community” l’associazione più esclusiva di esperti di vino esistente al mondo. Sono nati nel 1953 a Londra e nei sessant’anni di vita dell’associazione solo 372 persone sono riuscite a superare i terribili esami di ammissione. Adesso ci sono 322 MW attivi in 24 Paesi ma nessuno di loro è italiano. Sono responsabili o proprietari di aziende che producono, vendono oppure spediscono vino, insegnanti, studiosi, sommelier, giornalisti e ogni forma di addetti all’enologia. Occupano i posti chiave del commercio del vino.

Per entrare in questo olimpo servono almeno tre anni durante i quali frequentare dei

Alessandro-Torcoli-civilta-del-bere

Alessandro-Torcoli-civilta-del-bere

seminari e compiere un percorso formativo con l’aiuto di un Master of Wine tutor. Gli esami sono tre e possono essere ripetuti per un massimo di cinque volte dopo di che si è definitivamente bocciati. Il primo è pratico e riguarda l’assaggio bendato di 12 vini da descrivere per scritto. Segue l’esame teorico su aspetti produttivi e commerciali e infine la relazione di 10.000 parole su un tema inedito frutto di una ricerca personale.

Anfore si anfore no, questo è il dilemma

Anfora: come e perché il più antico contenitore da vino è tornato di moda. Dall’Arcipelago Muratori la prima analisi sui vasi da vino di terracotta

Cos

COS

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

L’incontro è avvenuto nella Tenuta Rubbia al Colle di Suvereto, nella costa Toscana ed ha avuto nel Professor Attilio Scienzadell’Università di Milano il vero mattatore, con un entusiasmo travolgente.

Ritorno all'argilla Suvereto

Ritorno all'argilla Suvereto

E’ lui lo “Sherlock Holmes dell’uva” che da anni indaga sulle origini preistoriche della vite e ora segue le tracce dei suoi più antichi contenitori. Tornare alle anfore di terracotta è dunque per lui un atto culturale prima che enologico, il recupero di saperi e sapori originari << un modo per combattere la banalizzazione del vino come bevanda con un gusto stereotipato e standardizzato, occorre forse tornare a sentori più antichi>> dice il grande Attilio. In effetti, in Georgia dove si ritiene sia la culla della vitis vinifera, madre di tutte le viti, il vino viene conservato nelle anfore (kvevri in Kakheti e in Kartli ochuri in Imereti e in Racha), da 4.000 anni.
Dunque il bisogno di diversità che sembra animare in modo crescente chi lavora con l’uva, non è la ragione principale dell’uso dei contenitori in argilla ma c’è qualcosa in più, quasi la nostalgia di una semplicità antica di un ritorno a cose maturali, senza tecnologia e a un contatto manuale con l’uva che diventa vino. La spinta viene quindi da fattori più sociologici che enologici.