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Il colore del Sangiovese

Quando e come il mosto d’uva Sangiovese prende il suo bel colore delicato e brillante rosso ciliegia. Sangiovese e Merlot a confronto

Montalcino Vendemmia 2012 mosto Casato Prime Donne

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Di Donatella Cinelli Colombini

Appena pigiato il succo d’uva Sangiovese che entra nel tino di fermentazione è gelatinoso, torbido ma trasparente. Non come il Merlot che colora immediatamente il mosto.
Nelle vendemmie migliori quando la buccia dell’uva e la polpa arrivano a maturazione contemporaneamente, la colorazione del mosto è molto veloce perché le cellule esterne degli acini sono fortemente solubili. E’ possibile rilevare questa caratteristica toccando e assaggiando l’uva nella vigna ma anche analizzandola in laboratorio. Se infatti la quantità totale di polifenoli è molto influenzata dal calibro degli acini ed è tanto più alta quanto diminuisce la dimensione dei chicchi, la ricchezza di polifenoli estraibili dipende soprattutto dalla maturazione. Più è armoniosa e contemporanea di ogni parte del frutto più sale.

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IL COLORE DEL SANGIOVESE NELLA VENDEMMIA 2019

Nella vendemmia 2019 il contenuto di polifenoli estraibili del Sangiovese era altissimo, al punto da costringere le cantiniere a interrompere il contatto con le bucce, nella produzione del rosato, dopo solo tre ore dalla pigiatura, mentre normalmente serve mezza giornata per raggiungere la colorazione desiderata.
Generalmente il mosto di Sangiovese prende progressivamente colore nei primi tre giorni della vinificazione e poi lo intensifica e lo fissa durante la fermentazione tumultuosa anche grazie ai rimontaggi all’aria. Con il freddo invernale può avvenire una caduta del colore.

Cosa fare nel vigneto italiano con il nuovo clima

Torneremo al tendone? Forse no ma certo in vigna i cambiamenti saranno tanti: meno viti per ettaro, fine dell’inerbimento, filari più bassi e più frondosi

Orcia e Chianti Diletta mostra l'altezza delle spalliere

Orcia e Chianti Diletta mostra l'altezza delle spalliere

Di Donatella Cinelli Colombini Casato Prime Donne –Fattoria del Colle
Lorenzo Tosi e Fabio Bottonelli riassumono nel 2° rapporto di filiera del “Sole 24 Ore” gli interventi maggiormente adottati nei vigneti italiani per contrastare gli effetti dell’ innalzamento delle temperature e dei temporali stile diluvio. Va detto che il global warming non si è arrestato: nei prossimi quarant’anni l’assicella del termometri segnerà 0,8-1,8°C in più rispetto ad ora. Insomma avremo estati da forno crematorio con piogge che sembreranno cascate del Niagara.

Ma vediamo cosa succede nei vigneti. Meno viti per ettaro, bisogna dare a ogni vite più terreno da colonizzare e dove assorbire acqua. Nella coltivazione del suolo c’è un ritorno alla zappa e ai sovesci di leguminose mentre l’epoca degli inerbimenti sembra tramontata. La necessità di rendere più soffice il terreno per trattenere la maggior quantità d’acqua possibile durante i brevi ma violentissimi temporali, porterà un ritorno alle zappature frequenti e, speriamo, un abbandono dei diserbi.