Ci sarà VITE sulla terra?
Angelo Gaja ci regala una perla del suo pensiero sugli effetti del global warming nei vigneti. Il Corriere vinicolo riassume la posizione degli esperti mondiali
Di Donatella Cinelli Colombini
Il titolo è “Ci sarà vite sulla terra?” e negli articoli c’è la sintesi delle diverse posizioni. Chi possiede o lavora nei vigneti milionari tende a negare l’effetto del riscaldamento per difendere la sua posizione di forza, mentre una grossa fetta della comunità scientifica afferma che la geografia dei territori migliori cambierà privilegiando le regioni più a Nord e con maggiore altitudine. Le risposte al cambiamento climatico vanno dall’empirismo alla genetica ma una cosa è certa: non possiamo perdere tempo e non potendo cambiare le cause i viticultori devono adattare la vigna mitigando gli
effetti del clima. Io sono fra i beneficati dal global warming con vigneti di Brunello nella zona fresca che ha fortemente aumentato il suo potenziale qualitativo grazie all’innalzamento delle temperature ma questo non significa che il problema globale non esista.
TROPPO CALDO NEI VIGNETI di Angelo Gaja (novembre 2015)
Anche i viticoltori e produttori di vino guardano in modo diverso al clima che cambia.E’ generale la percezione degli eccessi, delle temperature medie giornaliere più
elevate, l’avvio precoce nel vigneto della fase vegetativa, l’accelerazione della maturazione, le vendemmie anticipate. Quelli che guardano ai benefici fanno osservare che, rispetto al passato, le vendemmie di buona qualità sono più
frequenti. Vini che si presentavano gracilini ed acidosi, appaiono oggi più strutturati ed armonici se non anche propensi ad esibire i muscoli. Mentre per altri il clima che cambia è foriero di preoccupazioni: la recrudescenza delle malattie parassitarie vecchie e nuove; la sofferenza dei vigneti a causa di periodi troppo a lungo siccitosi; i grappoli esposti alle scottature ed alla luce solare troppo intensa; le uve che arrivano in cantina troppo calde, con gradazioni zuccherine elevate, ancora coperte di
antiparassitari che la siccità non ha concesso di dilavare; i bassi livelli di acidità del mosto; la gradazione alcolica dei vini che mostra nel tempo la progressione a salire. Il cambiamento climatico agisce allo stesso modo sul vigneto indipendentemente dalla tecnica di conduzione: convenzionale, biologico, biodinamico. Un lungo articolo su LE MONDE del 7 novembre 2015 dedicato al “colpo di calore sui vigneti” evidenzia le forti preoccupazioni al riguardo, non soltanto per le sorti della viticoltura del Sud della Francia. Il polo universitario di Bordeaux ha avviato da un decennio progetti di ricerca scientifica volti ad individuare viti più idonee a fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico. E’ urgente dare maggiore impulso alla ricerca anche in Italia: per migliorare l’adattamento dei portainnesti al mutamento del clima in atto e per cercare di mettere al riparo le viti storiche italiane da alcune delle malattie più insidiose. Per fare ciò occorre che il nostro paese autorizzi i ricercatori ad accedere alle nuove tecniche di incrocio, la cisgenesi ed il genome editing, attraverso le quali è possibile trasferire geni (di resistenza a determinate fitopatologie) da viti che ne sono in possesso a viti che sono carenti. Si metterebbe così ancora una volta a frutto il patrimonio unico di viti storiche italiane, attingendo alle diversità che le caratterizzano.
Però occorre agire, utilizzando sia fondi pubblici che privati. Lo stallo attuale non serve al mondo del vino
italiano.