Gigantismo in cantina: meno imprese e più dimensione

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Gigantismo in cantina: meno imprese e più dimensione

In Francia le aziende con vigneto hanno 19 ettari ciascuna e in Italia poco più di 2, ma le grandi cantine si uniscono e diventano più grandi. Opportunità o minaccia?

 

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di Donatella Cinelli Colombini

Negli ultimi 10 anni le aziende del vino francesi sono calate di 11.000 unità e ora sono 59.000.
Un processo diffuso di fusione e acquisizione che riguarda anche i vigneti e non solo le cantine come in Italia. La zona più toccata sembra Bordeaux dove, dopo il 2010, sono sparite 3.100 imprese.

NON SI TRATTA DI UN PROCESSO CIRCOSCRITTO AL VINO

Tutto il settore agricolo francese presenta la stessa dinamica: ovini e caprini -20.000 bovini da carne -15.000 e così tutti i comparti escluso gli orti per un totale di 100.000 aziende in meno in soli dieci anni. Sono sparite le imprese piccole o piccolissime dove, al momento della successione, gli eredi non hanno visto una prospettiva di lavoro e guadagno per cui hanno preferito vendere.
In conseguenza di ciò, la dimensione aziendale agricola media, in Francia, è cresciuta a 69 ettari coltivati.
Nelle imprese con vigneto, nel 2010, c’erano mediamente 3 ettari di vigne e oggi ce ne sono 19. La dimensione è aumentata ancora di più nella zona di Bordeaux dove è passata da 9 a 37 ettari di vigneto.

Cuvage-Mondodelvino

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COSA STA SUCCEDENDO NELLE CANTINE ITALIANE

Andiamo adesso a vedere la situazione in Italia scoprendo di qualcosa di completamente diverso. Secondo Ismea, le cantine vinificatrici sono 47.500 e le aziende agricole con vigneto 310.000 con una superficie media di 2,1 ettari ciascuna. I dati 2018 e 2020 mostrano un’estrema stabilità. Tuttavia la concentrazione produttiva è in atto anche nel nostro Paese. Abbiamo un aumento di taglia da parte dei gruppi di vinificatori e imbottigliatori che erano già grandi.

<<E’ il caso per esempio dell’Italian Wine Brands (quotato all’Aim) che ha appena definito l’acquisto di Enoitalia. Ed è il caso di Botter e Mondodelvino che sono confluiti in un nuovo polo vinicolo con forti ambizioni sotto l’egida di Clessidra>> scrive Anna Di Martino nella sua classifica 2020. 
Ovviamente GIV-Cantine Riunite rimane il più grande gruppo enologico italiano, con seicento milioni di business annuo, ma non è più da solo. La riunione di Botter e Mondodelvino in un’unica impresa crea un altro colosso da 350 milioni di business. Ancora più grande Italian Wine Brands che ora ha un fatturato annuo di oltre 400 milioni di Euro.
Da notare come le concentrazioni italiane siano sull’ultimo segmento produttivo e commerciale e non nei vigneti. Anzi l’intento pare tutt’altro.
A maggio Prosit, fondata da Sergio Dagnino e partecipata da Made in Italy Fund (il fondo di Private Equity, promosso e gestito da Quadrivio & Pambianco), dopo essere entrata nel capitale di cantine come la pugliese Torrevento, l’abruzzese Nestore Bosco e la veneta Collalbrigo, ha acquisito l’importatore e distributore Usa Votto Vines, che nel 2020 aveva un fatturato di 60 milioni di Dollari.

ULTIMI ACQUISTI

A gennaio Italian Wine Brands ha acquisito l’85% di Enovation Brands Inc. specializzata nell’importazione di vini italiani sul territorio nordamericano. Si tratta di un’impresa più piccola della precedente – 32 milioni di fatturato annuo – ma situata nello stato che, nel periodo Covid, ha avuto i maggiori incrementi di vendite di vino.

Nel complesso è chiaro come in Italia stia avvenendo qualcosa di molto diverso da ciò che succede in Francia, dove le aziende di taglia media si sono rafforzate. Da noi assistiamo ad una sostanziale stabilità nella polverizzata realtà agricola mentre nel settore enologico e commerciale c’è una forte dinamicità di investimenti e concentrazioni. Questo lascia immaginare un futuro difficile per i vignaioli e le piccole cantine. Una criticità che potrebbe non essere arginabile dalle sole cantine sociali e potrebbe compromettere il tessuto sociale delle aree rurali prive di denominazioni forti. Infatti, ed è un fatto rilevante, le nuove imprese che nascono sono speculative ed entrano-escono dal business in base ai profitti generati, una logica lontana dal mondo agricolo esposto al gelo e alla grandine.