
Gli archistar e il vino
[gplusone]
Cantine e alberghi progettati da “Archistar” senza alcun collegamento culturale alla zona in cui si trovano e spesso senza troppa attenzione alle necessità dell’enologia o dei turisti. Dopo l’attacco sulle pagine del “Times” di Londra il timore reverenziale verso i grandi del design lascia, il posto al dubbio. E da qui la domanda se sia giusto privilegiare il genio architettonico prima di ogni altra esigenza
di Donatella Cinelli Colombini
E’ di poco tempo fa l’articolo di Roger Scruton sul “Times” di Londra che accusa gli architetti famosi di trasformare le città in discariche con i grotteschi monumenti di loro stessi. Il riferimento era al Shard London Bridge, stalagmite di vetro e acciaio progettato da Renzo Piano, che nel 2012 diventerà la torre più alta d’Europa. Al suo interno ci sarà anche l’albergo 5 stelle, 205 camere, “Shangri-La”. Questo albergo è citato come esempio negativo di “non luogo turistico”, anche da Aureliano Bonini. Le sue opinioni sono nel notiziario di Trademark Italia, la più nota e ascoltata società di analisi sul turismo. Secondo Bonini assistiamo a una sorta di corsa verso l’eccesso in cui nessuno vuol rimanere in retroguardia. Anche se gli alberghi degli Archistar non funzionano economicamente, tuttavia brillano, la stampa ne parla e soprattutto le catene internazionali li prendono nel loro portafoglio. Ma i clienti non li amano e dopo la prima volta non ci tornano.
Potremmo dire la stessa cosa per le cantine d’autore?
Mi riferisco a quei monumenti dell’architettura contemporanea di Botta, Aulenti, Piano … a quelle costosissime cantine dove gli addetti, quando la proprietà non sente, ammettono le difficoltà di lavorare un ambiente progettato su criteri estetici e non enologici.
Io sono lieta che i luoghi del vino abbiano la stessa dignità architettonica di una banca o di un aeroporto. E’ un segno di rispetto, che fa uscire l’agricoltura dal ghetto culturale e sociale dov’era tradizionalmente relegata.
Tuttavia gli edifici non vanno concepiti come sculture giganti ( Ghery e Calatrava) perché sono al servizio dell’uomo e dei suoi bisogni. Questo vale per alberghi, cantine ma anche per musei, auditorium e altre opere pubbliche tradizionalmente oggetto di progettazioni d’alto profilo. Invertire i ruoli e mettere al centro l’achistar è aberrante perché al centro deve esserci l’uomo, inteso come umanità e come singola persona con i suoi bisogni, con le sue fatiche e le sue speranze.
Tu che ne pensi?