HUB ENOTURISTICI COSA SONO E A COSA SERVONO (1)
LE GRANDI ATTRAZIONI DEL VINO CON LA LORO VISIBILITA’ RICHIAMANO MIGLIAIA DI WINE LOVERS NEL TERRITORIO MA FANNO ANCHE CONOSCERE E CAPIRE LA DENOMINAZIONE
Di Donatella Cinelli Colombini #wine destination
Gli Hub enoturistici sono le stelle più luminose dell’enoturismo, grazie alla loro maggiore visibilità spostano grandi flussi di appassionati che poi vanno a visitare cantine e vigneti nella stessa zona. Hanno la capacità di accrescere la conoscenza di una denominazione proponendo esperienze e corsi ad esso dedicati e rinnovano la sua immagine con nuove modalità e nuovi argomenti, ma soprattutto puntano sugli appassionati restringendo il target dei visitatori e motivati a conoscere e comprare i vini del territorio. Gli Hub del vino hanno quindi un effetto tonico sulle denominazioni in cui si trovano e sulle cantine turistiche in esso presenti.
GLI HUB ENOTURISTICI ITALIANI PRIVATI
Dobbiamo considerare almeno due tipologie di HUB enoturistici: quelli privati e quelli pubblici o collettivi. I primi hanno finalità più indirizzate sul proprio brand, ma lo stesso effetto propulsivo, degli altri, sui territori in cui si trovano. Fanno parte di questa tipologia la cantina Antinori nel Chianti Classico che ha vinto premi di architettura e di turismo di statura mondiale come il World’s Best Vineyards 2022 luoghi storici come Brolio, dove il Barone Bettino Ricasoli, primo Ministro dell’Agricoltura italiano definì la “ricetta” del Chianti nel 1872. Altri esempi sono le cantine Florio a Marsala più antica grande infrastruttura enologica in Italia e artefice dello sbarco garibaldino in Sicilia. Infine il MUVIT – Museo del Vino di Torgiano che The New York Times ha consacrato come il museo dell’enologia più grande del mondo.
Ovviamente gli HUB hanno tre caratteristiche obbligatorie: sono grandi, unici e bellissimi.
GLI HUB ENOTURISTICI ITALIANI PUBBLICI O COLLETTIVI
Questi stessi elementi sono necessari anche agli HUB enoturistici collettivi o pubblici che, purtroppo, nel nostro Paese tardano a nascere. Ne esistono alcuni come il WIMU Museo del vino nel castello di Barolo e il recente Tempio del Brunello creato, con sale immersive e forte componente elettronica, nel complesso monumentale di Sant’Agostino a Montalcino dove c’è anche uno splendido museo d’arte sacra e una chiesta gotica affrescata.
Sono buoni esempi ma non bastano per un’agroalimentare che è la prima attrattiva italiana verso i turisti esteri verso l’Italia. Al loro ritorno i “piaceri golosi” sono il principale motivo di soddisfazione. Food and wine muovono il 17% dei flussi turistici e rafforzano tutte le altre attrattive italiane: arte, balneare, terne, congressuale…Va inoltre considerato che l’agroalimentare taroccato cioè “l’italian sounding” riguarda due prodotti su tre fra quelli con il tricolore. Bisogna dunque sperare che il progetto Made in Italy messo in campo dal Ministro Francesco Lollobrigida, abbia successo, nel potenziare la riconoscibilità del vero agroalimentare italiano e vengano costruite infrastrutture permanenti per promuoverlo. Qualcosa sta nascendo a Verona, davanti ai padiglioni della Fiera.
Continua con la seconda parte