Le Donne del Vino, Pinchiorri e Veronelli
Nel Relais Santa Croce sopra la loro enoteca Giorgio e Annie Pinchiorri parlano di Luigi Veronelli con le Donne del vino, Nichi Stefi e Gian Arturo Rota
C’è sempre da scoprire qualcosa su Gino Veronelli come il suo ruolo nella nascita del ristorante Pinchiorri. C’era un’enoteca che serviva anche qualcosa da mangiare ma la vera cucina fu realizzata quando Veronelli pubblicò una guida e premiò i Pinchiorri con il massimo punteggio il SOLE che significava “l’optimum per i valori di cucina e cantina”. Fu l’incoraggiamento che serviva ai Pinchiorri per accettare la sfida di aprire il ristorante senza tuttavia cambiare il nome che rimase Enoteca Pinchiorri. Nel racconto di Nichi Stefi e Gian Arturo Rota, autori del bellissimo libro ”Luigi Veronelli la vita è troppo corta per bere vini cattivi“(Giunti e Slow Food editore pp 316 € 16,50) esce fuori con forza il ruolo di talent scout di Gino e l’ incessante ricerca di libertà che lo portò fino ad esiti di provocazione estrema. Il suo testo sul Marchese de Sade fu infatti l’ultimo libro bruciato sul rogo in Italia.
La presentazione del volume su Veronelli, organizzata da Diana Lenzi delegata delle Donne del Vino della Toscana, ha richiamato un folto pubblico fra cui la Presidente nazionale Elena Martuscello e Christiane Perato per moltissimi anni compagna di Veronelli.
Ma torniamo al libro e alla figura dell’uomo che ha rivoluzionato l’enogastronomia italiana. Bellissimo il racconto di
come Veronelli capì di volersi occupare della cultura materiale legata al cibo. Gino era uno studente fenomenale, che all’esame di maturità sostenne la prova orale di greco parlando in quella lingua dall’inizio alla fine. Il padre industriale, gli aveva promesso un bel premio e lui chiese di andare a mangiare dal famoso chef Luigi Carnacina. Arrivato li Veronelli si presentò a cena chiedendo <<il piatto più importante della casa>>. Sconcerto generale e dopo una lunga attesa entrò in sala la brigata di cucina al completo con un piatto coperto da una cloche d’argento. Dentro, invece della pietanza costosissima che il giovane figlio di industriali lombardi, si aspettava, c’erano due uova al tegamino. << Una grande cucina è quella che prepara in modo perfetto anche il piatto più umile>> disse lo chef dando a Veronelli una lezione che non scordò mai. Con Carnacina, anni dopo, Gino scriverà i libri che segneranno la riscoperta della cucina regionale italiana.
Al termine di questa piacevolissima conversazione su una delle personalità più complesse, generose e innovative della cultura italiana del Novecento ci spostiamo nelle splendide sale del Relais per assaggiare i vini delle Donne e le specialità gastronomiche di Slow Food. Un finale che sarebbe piaciuto all’indimenticabile Gino.
Visto per voi da Donatella Cinelli Colombini