Musei italiani. Come i Comuni possono ricavare denaro dai turisti? Facendogli pagare i servizi

Donatella Cinelli Colombini

Musei italiani. Come i Comuni possono ricavare denaro dai turisti? Facendogli pagare i servizi

Donatella Cinelli Colombini

Donatella Cinelli Colombini

Perché i bookshops dei musei italiani sono piccoli e poco appetibili mentre nei musei esteri sono una voce fondamentale del bilancio? Perché nei musei italiani non ci sono quasi mai i servizi a pagamento: guardaroba, nursery, audio guide, ticket per le fotografie, ristorante, bar ecc. e perché non è stato sviluppato un club di sostenitori-finanziatori?

Se i musei della cioccolata di Barcellona con scuola di pasticceria annessa, o della Ferrari a Modena sono più attraenti delle gallerie d’arte antica forse vuol dire che la formula ottocentesca dove il visitatore è solo un occhio passivo, non emoziona più e quindi bisogna cambiarla.

Io ho una laurea in Storia dell’arte medioevale e do ragione al Ministro Bondi quando dice che i Soprintendenti non sanno gestire i poli culturali. È vero, sanno studiare le opere d’arte ma non sanno farle rendere. Il problema è che stroncano ogni tentativo in questa direzione dicendo che banalizza, manca di spessore e impoverisce i contenuti culturali. Nel 2008 il tentativo di mettere un super manager addetto alla valorizzazione provocò la raccolta di 7.000 firme contrarie in 15 giorni, al grido “salviamo i musei”.

Il problema non si ferma qui perché gli storici d’arte (delle università e delle Soprintendenze) monopolizzano le mostre facendole a loro misura per cui costano cifre astronomiche, non hanno visitatori e hanno cataloghi intrasportabili per un normale viaggiatore.

A mio avviso la cultura può rendere, può rendere molto e diventare un motore capace di trascinare l’economia dell’intero suo territorio. Andiamo a imparare a Schönbrunn (Vienna) che in pochi anni, sotto la direzione di un dirigente industriale, è diventata la seconda destinazione europea dopo Euro Disney. Oppure andiamo al Duomo di Siena che, anch’esso sotto la direzione di un dirigente industriale, ha toccato 1.300.000 visitatori e paga imponenti opere di restauro ogni anno.

Evidentemente non tutti hanno la reggia di Maria Teresa o il pavimento istoriato più grande del mondo, ma quasi tutti usano male le risorse a loro disposizione come avveniva nei due monumenti che ho citato prima che i manager li riorganizzassero.

Anche per gli eventi vale la stessa considerazione. Ecco che una mostra intitolata “Toscana Fashion” con gli abiti di alta moda di Cavalli, Ferragamo, Gucci, Prada ed altri top della moda nazionale, esposti nei musei meno frequentati potrebbe attrarre 400.000 persone e rivitalizzare il turismo invernale di Firenze, Siena o Lucca. Sarebbe una mostra a basso costo e capace di creare un notevole indotto rafforzando il business delle stesse case di moda e persino stimolando lo shopping di abbigliamento in prossimità dell’esposizione. Perché mostre del genere vengono organizzate a New York e non in Italia?

Vogliamo provarci? Diamo un’occhiata a questi dati e riflettiamo.

INGRESSI MENSILI NEI MUSEI, risultato della politica italiana e estera nella gestione dei musei.

» 15.740.000 FRANCIA

» 15.280.000 REGNO UNITO

» 14.560.000 USA

» 8.800.000 ITALIA

» European House Ambrosetti 2010

FESTIVALIZATION

Come le kermesse culturali fanno decollare l’economia, ecco un esempio:

EDIMBURGO

invest. 11,3 mil €

» 2,5 MILIONI DI VISITATORI

» 76 MILIONI DI STERL. DI FATTURATO ALBERGHIERO

» 2.500 POSTI DI LAVORO

» 240 MILIONI DI € DI INDOTTO

Donatella Cinelli Colombini