PERCHE’ LE CANTINE TURISTICHE DEVONO RINNOVARSI 9
L’attuale evoluzione dell’accoglienza turistica in cantina era già in arrivo ma il covid l’ha accelerata comprimendo in 2 anni quello che sarebbe avvenuto in 10. Ecco il bisogno di rinnovarsi
di Donatella Cinelli Colombini
Più digitale, più investimenti, offerte uniche, migliore gestione dei contatti …. La crisi del turismo ha colpito le cantine su più fronti: sono entrate in crisi le strutture di ristorazione, ricettività e vendita diretta cresciute accanto alle vigne. Anche il circuito commerciale HORECA è andato avanti a singhiozzo e solo nell’estate 2021 ha ricominciato a funzionare normalmente. Hanno retto bene i grandi gruppi enologici e le denominazioni più internazionalizzate ma per molte piccole aziende quello Covid è stato un periodo nero. Ecco la necessità del rinnovarsi.
IL BISOGNO DI RINNOVARSI DELLE CANTINE EMERSI DURANTE IL COVID
Riorganizzare il turismo del vino e mettere in piedi un sistema di vendita ai privati online è diventato importante. L’esempio da seguire sono le cantine californiane che all’inizio della pandemia hanno spostato gli addetti dalla wine hospitality al call center. Chiamando direttamente i clienti privati, che anno dopo anno erano stati censiti e profilati in occasione della loro visita in azienda, hanno venduto più di prima.
Una lezione che le cantine tricolori hanno imparato ma che richiederà anni di lavoro per dare frutti davvero interessanti.
La crisi covid ha evidenziato quanto le imprese italiane fossero indietro nell’utilizzo dei contatti di turisti e consumatori privati e come sia difficile colmare questo gap in un momento in cui sarebbe stato davvero utile avere una mailing list ben segmentata. Il problema maggiore nel creare subito le liste per lo shopping online delle cantine, è la scarsa presenza di visitatori stranieri e soprattutto Nord americani. Essi sono infatti i clienti privati migliori per i club delle aziende di produzione.
L’IMPORTANZA DI REGISTRARE E PROFILARE I VISITATORI
La mancanza di un data base di clienti privati è un problema generalizzato. Fra i grandi gruppi enologici il 44% ha un e-commerce proprietario ma si limita a presentare le bottiglie senza gestire i processi di acquisto e soprattutto senza un portafoglio di contatti sufficiente per competere con i colleghi di Napa e Sonoma.
Nonostante ciò, in termini complessivi, la quota di italiani che ha fatto shopping in cantina online, almeno una volta nella vita, è salita al 36% con un balzo in avanti di sette punti percentuali durante il lockdown (“Vino e Spirits”, primo report congiunto 2021 di Mediobanca, Sace e Ipsos).
Va considerato che la vendita diretta è ancora oggi la principale fonte di introito turistico delle cantine. Tuttavia, prima del covid costituiva il 55,7% del business enoturistico mentre le animazioni erano solo il 37,7%, adesso vediamo scendere il primo valore e salire il secondo. Questo perché il target dei visitatori è cambiato ed ha una prevalenza di persone poco interessate al vino.
Si tratta comunque di numeri piccoli se confrontati con quelli americani e tali da evidenziare quando ancora debba essere sviluppato il business enoturistico durante e soprattutto dopo le visite in cantina.
LA DIVERSITA’ FRA IL MODELLO CALIFORNIANO E QUELLO ITALIANO
Divinea ha presentato una serie di analisi durante il Wine tech symposium 2021 partendo da un sondaggio fra le cantine da lei stessa commercializzate. La metà vende al pubblico meno del 10% e solo un quarto di esse arriva a superare una quota del 25% del suo fatturato nella cellar door. Ma è soprattutto il colpo d’occhio sui dati complessivi che mostra la debolezza del modello enoturistico italiano rispetto ai competitori esteri.
Il valore del mercato enoturistico di Napa Valley è di 2 miliardi e scaturisce da 3,9 milioni di visitatori ai quali le cantine vendono il 70% del loro vino. In Francia il business sale a 5 miliardi ma anche gli enoturisti sono in maggior numero, cioè 10 milioni, mentre la vendita diretta incide solo per il 30% del giro d’affari delle cantine. Arriviamo in Italia dove per fare 2,5 miliardi di introiti agrituristici abbiamo 15 milioni di visitatori che comprano il 10% del vino delle cantine.
IL COVID ACCORCIA LE DISTANZE
Se è vero che in Francia e soprattutto nella zona di Bordeaux la vendita diretta in cantina potrebbe essere frenata dai négociant che comprano in vino en primeur togliendo alle imprese la disponibilità di bottiglie per la vendita diretta, in Italia i numeri forniti da Divinea evidenziano uno sforzo gigantesco di accoglienza fra le botti a fronte di un ritorno economico debole.
Il cambiamento accelerato dal covid non è dunque una iattura ma forse addirittura un modo per accorciare le distanze con i più bravi nel minor tempo possibile. I primi segni di miglioramento sono già visibili:
Far crescere il numero dei visitatori nei distretti enologici non è la soluzione. Gli obiettivi a cui bisognerebbe puntare sono la qualificazione del turismo del vino e la migliore distribuzione dei flussi su tutte le denominazioni .Attualmente invece tendono a concentrarsi nelle top wine destination. Rinnovarsi!