
Qual è l’eredità di Veronelli nel turismo del vino?
Gino Veronelli, con le sue battaglie per la dignità del lavoro contadino e le specificità locali, ha messo le basi del successo enoturistico di oggi
Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini
Un convegno alla Facoltà di Scienze gastronomiche dell’Università di Parma, in occasione dei 10 anni dalla morte di Luigi Veronelli, con personaggi davvero importanti: il preside Andrea Fabbri, Alfonso Iaccarino di Don Alfonso, Riccardo Illy, Colomba Mongiello (l’Onorevole che ha salvato l’olio extravergine di oliva), Gian Arturo Rota, Paolo Tegoni.
L’argomento che devo sviluppare è difficile e intrigante: l’eredità di Gino Veronelli nel turismo del vino. Ho fatto di tutto per evitare questo convegno nonostante le insistenze di Guido Stecchi, perchè non mi sentivo all’altezza. Veronelli era nato nel 1926 e quindi aveva un’età più vicina a quella di mio nonno che alla mia. I miei rapporti con lui erano stati pochi e spesso burrascosi, come gli succedeva con moltissime persone. Ricordo che, nel 2001, quando diventai assessore al comune di Siena lui mi chiese di sostenere la sua proposta di denominazioni comunali e io gli dissi che Siena ha pochissima campagna, del tutto priva di reputazione viticola, dunque crearci una DOC mi sembrava una pessima idea. Lui replicò citando la mia risposta in un articolo e commentandola con la frase <<povera Donatella!>> come dire: la poverina non capisce ciò che dice. Ci rimasi male ma Gino era così … esplosivo.Esplosivo, rivoluzionario e geniale. E’ stato lui il primo a proclamare la dignità del lavoro nei
campi, il valore della territorialità e della diversità. Ricordate la frase <<il peggior vino contadino è migliore del miglior vino d’industria>> ? e l’altro suo celebre detto <<il vino sente l’amore del contadino e lo ricompensa facendosi migliore>>. Ebbene, il turismo del vino, così come tutto il turismo, poggia su tre pilastri senza i quali un luogo non diventa “destination”. Sono la diversità, l’organizzazione e la comunicazione. Ovviamente farsi conoscere e creare una rete di vendita sono due cose indispensabili ma, per intercettare i turisti del vino, la cosa principale è l’unicità. Un valore che si forma nei secoli grazie alla sensibilità degli uomini nell’interpretare uno specifico terroir. Vitigni, pratiche di coltivazione e di maturazione in botte … un bagaglio di conoscenze e consuetudini che diventano il patrimonio collettivo di un luogo e di una comunità. Sono queste cose che creano i vini – territorio come il Barolo, il Brunello, la
Borgogna … espressioni di eccellenza di identità.
In queste aree il turismo del vino diventa uno strumento di sviluppo diffuso cioè accresce le opportunità di lavoro e di reddito per tutti e non solo per una grande impresa monopolista. In altre parole, l’enoturismo aumenta la notorietà del brand collettivo, crea un’economia parallela e soprattutto offre alle piccole e piccolissime aziende il primo mercato di esportazione. E’ insomma uno strumento formidabile per trasformare chi ha una piccola vigna da conferitore all’industria ad imbottigliatore con marchio proprio.
Questa è l’eredità di Veronelli. Quando era ancora giovane, Gino si beccò una condanna a sei mesi di carcere per aver istigato alla rivolta i vignaioli piemontesi oppressi da burocrazia e contrastati dai grandi monopoli.
Ovviamente i flussi enoturistici possono organizzarsi anche intorno a grandi investimenti industriali, come la cantina Florio a Marsala oppure quella Antinori nel Chianti Classico, ma il turismo è ormai il primo settore economico del mondo e l’investimento solitario, per quanto grande sia, risulta invisibile se non è accompagnato da un territorio con vigneti, cantine, agriturismi,ristoranti, castelli, paesaggi, negozi, artigiani …
In questa logica posso affermare che le battaglie di Veronelli in favore dei vitigni autoctoni, la cultura materiale, la specificità e riconoscibilità delle produzioni locali e contro la globalizzazione sono alla base dell’attuale successo del turismo del vino.
Allo stesso modo come l’affermazione di Veronelli <<dietro ogni vignaiolo c’è una storia da raccontare>> è alla base dello storytelling
dell’attuale comunicazione e soprattutto della comunicazione on line che diffonde il turismo del vino.
Vorrei chiudere riprendendo un episodio narrato da anteprima.net <<Ospite in un albergo a Marina (di Ravenna?) Centro scende sul lungomare a fare due passi e si infila dal verduriere. Chiede frutta della Romagna, pesche di Cesena… E il verduriere dice di non sapere da dove viene la frutta… Allora Veronelli rimane stupito, indignato, di quanta poca importanza avessero i frutti piu’ succosi della Romagna>> Mi rivedo nelle domande e nei rimproveri del grande Gino, sono le stesse che ripeto agli studenti nei master universitari dove insegno turismo del vino…. Anche secondo me il nocciolo del turismo del vino è nelle scarpe grosse e nel cervello fino dei contadini.