Come il calo dei consumi di vino fa crescere la depressione
Meno osterie e più farmacie, sembrava una butade de “La Revue du Vin de France “ e invece è provato da una ricerca spagnola su vino e depressione
Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini
Piccole dosi di vino giornaliero prevengono la depressione, l’ansia e lo stress. Questo l’esito di una ricerca dell’Università di Navarra a Pamplona pubblicata su “BMC Medicine journal”. Le indagini sono durate 7 anni su un campione di 5500 soggetti fra i 55 e gli 80 anni di età, riguardavano anche la dieta mediterranea con specifico riferimento all’olio. Martinez-Gonzalez che ha diretto gli studi è giunto alla conclusione che “un consumo moderato può ridurre l’incidenza della depressione mentre i forti bevitori sembrano avere un rischio più alto”. Bere 2 a 7 bicchieri di vino la settimana, dosandoli in giorni diversi, riduce dunque la probabilità di cadere nelle grinfie della depressione. Un rischio che le attuali condizioni dell’economia aumentano a dismisura.
Al contrario l’abuso del sabato sera con 5 o più grosse bevute una dietro l’altra stile “binge drinking” fa malissimo,
così come bere oltre 5 bicchieri di vino al giorno. Anche il servizio sanitario britannico NHS ha ribadito che questi soggetti hanno invece un’alta probabilità di diventare depressi.
Uscendo dalla logica “clinica” della questione e leggendola nei suoi risvolti sociali dobbiamo ripartire dal rapido calo dei consumi nei Paesi dove il vino è un elemento portante della tavola e della vita sociale. Ecco che il calo dei consumi di vino in Francia ha segnato il passaggio dai 160 litri del 1965 a 30 di oggi mentre in Italia e in Spagna è sceso del 34% in vent’anni.
Un calo che si associa a un cambiamento dello stile di vita o meglio dell’art de vivre e si esprime magistralmente nella frase di Denis Saverot editore della “La Revue du Vin de France “ << The village bar are gone, replaced by a pharmacy>> in altre parole i calici restano
sempre più vuoti mentre la vendita di antidepressivi è salita in Francia a 80 milioni di scatole.
Se c’era bisogno di una dimostrazione tangibile dell’esattezza dello studio spagnolo questa mi pare incontrovertibile. Dovrebbero ricordarselo i governi e le associazioni che finanziano campagne anti alcoliche e falsamente salutistiche!