Quanto cresce il valore delle vigne italiane
Negli ultimi 50 anni è cresciuto in modo esponenziale soprattutto nel Brunello e nell’Amarone che partivano da valori più bassi. La corsa all’aumento continua?
Di Donatella Cinelli Colombini Montalcino Brunello Prime Donne
Ha fatto scalpore, nei mesi scorsi, il calcolo della crescita del valore dei vigneti italiani TOP negli ultimi 50 anni calcolato da Wine News. Le rivalutazioni più forti riguardano le aree che nel dopoguerra erano quasi in abbandono: il Brunello che è cresciuto del 2.474% e l’Amarone rivalutato del 1.357%. Alti ma meno sbalorditivi gli incrementi di Barolo (206%) e Barbaresco (257%) che, come dice sempre Angelo Gaja << sono zone ricche dove c’è molta industria>> zone cioè che non ebbero il collasso dei valori immobiliari causato dallo
spopolamento delle campagne da parte degli ex contadini attirati dallo stipendio fisso in fabbrica e la casa in città con l’acqua potabile e il riscaldamento.
Tanti esempi testimoniano una rinascita che ha riguardato tutta la campagna Toscana e soprattutto le terre dei grandi vini. Negli anni 50 arrivò a Bolgheri Giovanni Chiappini insieme a un bel numero di famiglie contadine marchigiane attratte dal modestissimo prezzo di quei terreni. Lui comprò una proprietà in abbandono che oggi è la sua azienda. Si trova accanto a Ornellaia e vi produce il Guado dè Gemoli che nel 2013 è arrivato primo nel mondo nella classifica mondiale del Wine Enthusiast.
Nel 1959 il castello di Poggio alle Mura a Montalcino era quasi in rovina con la sua immensa proprietà terriera semiabbandonata e venne svenduto dai conti Placidi che lo possedevano ininterrottamente dal 1529, a un imprenditore italiano che aveva fatto fortuna in Sud America il Signor Mastropaolo. Ma fu solo nel 1983, quando il castello entrò a far parte dell’azienda Banfi, che tornò al suo antico splendore.
Stessa rinascita a Cortona, che oggi è fra le piccole città d’arte toscane più visitate dai turisti e soprattutto dai turisti americani oltre ad essere l’area di produzione della DOC Cortona a base di Syrah. Ancora nel 1971 Cortona aveva ispirato la canzone “Che sarà” <<Paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio addormentato/ la noia, l’abbandono, il niente son la tua malattia/ paese mio ti lascio, io vado via.>>
Uno scenario completamente nuovo dunque rispetto alla fuga dalle campagne.
Nel 1966 dice Wine News <<un ettaro di terreno vitato e/o vitabile (fabbricati annessi) di Brunello di Montalcino valeva 1,8 milioni di vecchie lire, pari a 15.537,15 euro attuali (cifra ottenuta con il calcolo dei coefficienti Istat per l’attualizzazione dei valori), ed oggi vale 400.000 Euro>> Nonostante la rivalutazione vertiginosa i prezzi sono più abbordabili rispetto ai 500.000€ l’ettaro dell’Amarone e sono pressoché uguali a quelli del Barolo.
E’ forse dalla speranza che i prezzi di Montalcino salgano ancora che nasce la spinta a fare shopping in terra di Brunello. Una ricerca spasmodica di investimenti in vigneti top da parte di banche e fondi esteri, milionari e società del vino che pare inarrestabile e allo stesso tempo indifferente al gran numero di cantine in vendita nelle altre parti della regione.
Si perché non tutti i territori del vino sono altrettano ricercati come i TOP 4 di cui abbiamo parlato sopra Brunello, Amarone, Barolo e Barbaresco. Basta buttare l’occhio in qualche sito di proprietà immobiliari come Knight Frank per trovare cantine con vigneto in castelli, ville e borghi da 16 milioni di Euro in giù e una è anche a Montalcino.