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BAROLO BATTE CHIANTI CLASSICO NELLA SFIDA TURISTICA

La Toscana la migliore wine tourism destination ma il Barolo batte il Chianti Classico come territorio del vino più desiderato; l’opinione dei tour operator

Castello di Barolo Piemonte

Strada del Barolo e dei grandi vini di Langa

 

 

di Donatella Cinelli Colombini

Risposte Turismo , opera dal 2001 nell’attività di ricerca e consulenza per fornire soluzioni progettuali e operative ad organizzazioni e imprese della macro-industria turistica.

Recentemente ha redatto due indagini sul turismo del vino. La prima ha riguardato 50 tour operator stranieri, operanti di 16 nazioni estere ed è stato realizzato nella primavera 2022.

WINE TOURIST DESTINATION ITALIANE IN GRANDE SPOLVERO

Alla domanda sulla performance del “prodotto turistico vino italiano” il 44% ha risposto “più o meno come  gli altri” e il 46% ha detto “meglio degli altri”. La Toscana è la best wine tourist destination con il 52% delle preferenze seguita dal Piemonte al 28%. Tra le regioni del vino che stanno alimentando l’interesse spicca la Sicilia anche se, guardando solo la prima scelta, è il Friuli Venezia Giulia ad avere le migliori percentuali.

E’ molto interessante l’elenco delle criticità evidenziate dai tour operator. Al primo posto lo scarso coordinamento fra i vari elementi dell’offerta di territorio (36%), poi le esperienze in cantina che sono poco varie (28%), segue la debolezza della comunicazione online e dei servizi ottenibili via web (26%). Il riferimento è ai sistemi di prenotazione e pagamento che sono diffusi in USA, Australia… e quasi assenti nei siti delle cantine italiane.

Il Barbaresco di Antonio Galloni

Antonio Galloni descrive il Barbaresco 2016-2020 e l’evoluzione di questa denominazione, i cui giovani produttori sembrano pronti a competere col Barolo

 

Antonio Galloni (al centro) con Alessandro Regoli

Antonio Galloni (al centro) con Alessandro Regoli

Di Donatella Cinelli Colombini

Antonio Galloni ha origini italiane ma è cresciuto negli Stati Uniti ed è arrivato nel nostro Paese nel 2000 per occuparsi di finanza. Qui si è innamorato di sua moglie e del vino piemontese. Una passione quest’ultima che gli deriva dai nonni e dai genitori che avevano un’enoteca. Tornato in USA, dopo tre anni in Italia, creò una newsletter intitolata “Piedmont Report” che divenne il punto di riferimento  degli appassionati di vini piemontesi di 25 nazioni e lo mise in luce come un assaggiatore di straordinario talento. Nel 2006 Robert Parker lo chiamò nello staff del Wine Advocate e lui dette addio alla banca per dedicarsi interamente al vino.

 

ANTONIO GALLONI, L’ASTRO NASCENTE DELLA CRITICA ENOLOGICA

Antonio Gallloni - Vinous

Antonio Gallloni – Vinous

Sembrava l’erede designato di Parker, ma poi qualcosa andò storto e la testata del celebre avvocato fu venduta a un gruppo asiatico mentre Antonio Galloni creò un suo progetto battezzandolo Vinous. Si tratta di un portale di recensioni e articoli sui vini di tutto il mondo che sta velocemente diventando uno dei più autorevoli e influenti.
Ovviamente il Piemonte è la regione viticola del suo cuore e ne conosce ogni singola sfumatura. Per questo leggere i suoi commenti sul Barbaresco in Vinous è istruttivo e entusiasmante. L’articolo si intitola “Barbaresco: The Highs & Lows of 2016-2020” ovvero “Barbaresco fra alti e bassi dal 2016 al 2020”. Quello che segue non è un riassunto ma solo qualche chicca perché il testo originale è talmente bello che va letto.

 

Cannubi la collina della discordia

La guerra è finta? 7 anni di contrasti sull’uso in etichetta la parola Cannubi passando da Tar, Ministero, Consiglio di Stato e Cassazione

Cannubi-Mappa-Barolo

Cannubi-Mappa-Barolo

Di Donatella Cinelli Colombini, Brunello, Casato Prime Donne

Se esiste un deterrente contro la voglia di zonazione dei vigneti di pregio, è la parola Cannubi. La meravigliosa collina di Barolo ha scatenato un contrasto così forte e lungo da compromettere i rapporti e persino la compattezza dello squadrone langarolo.
Cannubi, un nome quasi magico per chi ama il vino. Mio nonno Giovanni Colombini me ne parlava con un rispetto sacrale spiegandomi che Cannubi veniva usato sulle bottiglie ancor prima di Barolo. Quando finalmente la vidi rimasi impressionata da questo poggio coperto di vigne come fosse consacrato al vino. Una visione poetica che cozza contro la recente realtà: Cannubi si è trasformato in un nome che evoca veleni, avvocati, ricorsi, carte bollate e sentenze. Quasi un incubo che ha visto da un lato i Marchesi di Barolo e dall’altro un gruppo di produttori della stessa area.

Cannubi-e-dintorni

Cannubi-e-dintorni

Vediamo di capire questa intricatissima vicenda giudiziaria: la collina di Cannubi è divisa fra 5 delle 166 “Menzioni geografiche aggiuntive” previste dal disciplinare di produzione del Barolo DOCG approvato nel 2009. Esse sono Cannubi (14 errati), Cannubi San Lorenzo, Cannubi Valletta, Cannubi Boschis, Cannubi Muscatel per un totale di 37 ettari. Una goccia rispetto ai 1.900 ettari della denominazione Barolo.

I migliori nebbiolo fuori dal Piemonte

Solo pochi centinaia d’ettari in giro per il mondo ma il Nebbiolo cresce anche in Australia, California, Cile e Sud Africa

Nebbiolo Dave Fletcher

Nebbiolo Dave Fletcher

Di Donatella Cinelli Colombini

Che dite lo assaggiamo? E’ vino da uve nebbiolo ma non si chiama Barolo o Barbaresco anche se in certi casi proviene dai cloni di Angelo Gaja. So che i puristi considerano il nebbiolo australiano una specie di sacrilegio, ma, che si voglia o no, questa varietà è arrivata nel continente australe intorno al 1980 e si sta diffondendo nelle zone più fresche e argillose.
Tanto vale dunque capire i suoi caratteri e soprattutto il suo potenziale qualitativo fuori dal Piemonte. Per il resto la battaglia sembra persa in partenza perché il nebbiolo piemontese ha una storia fatta di migliaia di vignaioli che, nel corso dei secoli, hanno cercato di interpretare la vocazione dei terreni e delle viti per ottenere la migliore qualità. Sperare di superarli

Ravensworth-Hilltops-Nebbiolo-Canberra-Australia

Ravensworth-Hilltops-Nebbiolo-Canberra-Australia

è pura follia.
Va sottolineato che la maggior parte dei vini di Nebbiolo esteri sono nati intorno al 2000 e denotano un grande rispetto per le varietà italiane. Molti produttori hanno fatto soggiorni di studio in Italia e si stanno riconvertendo all’agricoltura biologica.

Resta la curiosità e per questo elenco i 12 migliori nebbiolo non piemontese scelti da Darren Smith per Drinks Business. L’articolo a cui faccio riferimento è molto interessante e vi consiglio di leggerlo. Qui c’è solo qualche appunto
• SC Pannell Nebbiolo, Adelaide Hills, Australia – Il titolare dell’azienda è un enologo con un lungo curriculum ed ha fatto un’esperienza nel Barolo ( Aldo Vajra) e in Borgogna
• Giornata Nebbiolo, Paso Robles, California Giornata è il nome di un progetto che impiega uve italiane di nebbiolo, sangiovese, aglianico e barbera che Stephanie Terrizzi produce ispirandosi a Elisabetta Foradori

BaroloBrunello oppure BrunelloBarolo

Produttori eccellenti ma rivali di Brunello e Barolo in una degustazione da non perdere nel Castello Comunale di Barolo il 21 e 22 novembre prossimo

castello-wimu

castello-wimu

Di Donatella Cinelli Colombini
Sarà l’inizio di una collaborazione destinata a rafforzare l’Italia dei grandi vini nel mondo oppure il definitivo scontro fra i colleghi rivali di Barolo e Brunello?
Per la prima volta una degustazione congiunta di 30 cantine d’eccellenza con i produttori personalmente presenti per raccontare la loro particolare maniera di interpretare i territori. Venerdì 21 novembre dalle 13,30 alle 19 nel castello Comunale di Barolo con un prolungamento nel Palazzo Martinego di Monforte d’Alba per la cena di gala con i produttori. Sabato dalle 10 alle 15 la degustazione continuerà solo per chi ha prenotato on line.
L’elenco delle cantine fa venire l’acquolina in bocca: Boroli-Castello di Verduno-Ceretto-Comm.G.B.Burlotto-Cordero di Montezemolo-Domenico Clerico-Giovanni Rosso-Giuseppe Rinaldi-La Spinetta-Marengo-Massolino-Rivetto-Roberto Voerzio-Scarzello-Sobrino-Vietti-Claudia Ferrero-Campi di Fonterenza-Canalicchio di Sopra-Casa Raia-Casanova di Neri-Col D’orcia-Corte dei Venti-Donatella Cinelli Colombini-Il Marroneto-La Mannella-Lisini- Mastrojanni-Poggio di Sotto-Salvioni-Uccelliera.

Un grande vino ha un ottimo tappo impara a riconoscerlo

Saper valutare la qualità del tappo di sughero è indispensabile per i produttori di vino ma anche per i consumatori perché rivela cose importanti 

 

Tappi a confronto

Tappi a confronto

Di Donatella Cinelli Colombini

Un grande vino ha bisogno di un ottimo tappo e imparare a riconoscerlo aiuta a capire cosa stiamo bevendo. Non l’ho detto ma tutti hanno capito che sto parlando del tappo monopezzo che è il solo usato nei grandi vini. Ovviamente la principale funzione del tappo è “tappare” quasi ermeticamente la bottiglia. Il tappo è tanto più importante quanto più a lungo il vino deve invecchiare. Per un Brunello è fondamentale mentre per un novello no. Chi ha bottiglie antiquarie, controlli se i tappi cominciano a colare (25-30 anni). Se il tappo geme significa che è completamente impregnato e non ha più tenuta. A quel punto o bevete il vino oppure fate “restaurare” la bottiglia nella sua cantina di origine. Vi verrà restituita con un certificato che attesta l’avvenuta sostituzione del tappo, nel caso di bottiglie molto costose tale operazione viene fatta in presenza del notaio.

 

Screw cap o tappo a vite, Gianluca Morino lo vorrebbe anche nel Barolo

Il tappo a vite nelle bottiglie di vino: per molti in Italia è ancora un tabù. Intervista a Gianluca Morino, produttore di Nizza (AT), che ha un punto di vista diverso.

Di Bonella Ciacci

Gianluca Morino

Gianluca Morino

Scopro per caso, seguendolo su Twitter e Facebook, che Gianluca Morino, della Cascina Garitina, produttore vitivinicolo a Castel Boglione (AT), 43 anni, con la passione per Barbera e Brachetto, è un forte sostenitore del tappo a vite, o screw cap, e che lo usa. Essendo io della zona dei grandi vini toscani come Brunello di Montalcino e Vino Nobile di Montepulciano, dove anche il solo pronunciare il nome di questo tappo equivale ad eresia, mi incuriosisco, e da questa curiosità è nata un’intervista ad un produttore piemontese, altra terra di grandi rossi italiani, che sfida la tradizione.

Gianluca Morino è Presidente dell’Associazione Produttori della Barbera d’Asti superiore Nizza. Appassionato innovatore, crede nell’importanza del digitale per lo sviluppo economico delle aziende agricole; divulgatore dei valori e della bellezza del suo territorio, con l’aiuto del web sta facendo scoprire la Barbera e il Nizza a wine lovers, giornalisti e importatori di tutto il mondo.Nel 2011 è stato ideatore e realizzatore di #barbera2; nel 2013 ha realizzato la tavola rotonda #digitalbarbera.

Bonella Ciacci –  Nel mondo dei produttori sei un innovatore, hai cambiato il modo di raccontare un vino e una cantina, e anche nell’argomento dei tappi, sembri stare al passo coi tempi. Da quando hai iniziato ad usare lo screw cap, ovvero il tappo a vite, o Stelvin?

Gianluca Morino – Credo da sempre fortemente che il vino abbia bisogno di conquistare il posto che gli compete. E per farlo serve innovazione nella

Vera

Vera

comunicazione per invertire la rotta. Ho iniziato ad usare il tappo a vite 2 anni fa per una linea di 3 vini rossi chiamata Vera dal nome di mia figlia Veronica. Un Dolcetto, un Merlot ed una Barbera vinificate in acciaio per esaltare frutto e bevibilità che mi interessa portare sul tavolo dei miei consumatori. Proprio per questo aspetto ho scelto il tappo a vite, per la sicurezza di aver ben riposto tutto il lavoro e tutti gli investimenti che ci sono a monte per produrre un vino.  Non si può mai immaginare la rotazione di un vino e per quanto tempo un consumatore possa conservarlo in cantina prima di gustarlo. Per questo aspetto sono più che tranquillo perché sono fermamente convinto che lo screw cap sia perfetto anche per i vini che devono affinare in bottiglia.

BC – Hai utilizzato lo screw cap per l’intera produzione di un’annata, o ne hai tenuta una parte ancora con il tappo “alla vecchia maniera”, ovvero il tappo di sughero?

GM – Ho imbottigliato l’intera produzione perché quello è il progetto e sarebbe ingestibile un doppio magazzino.

Zonazione si, zonazione no, il dubbio del Brunello

Se ne parla da anni ma mentre all’estero cresce la richiesta di zonazione fra i produttori di Brunello cresce la preoccupazione per le divisioni interne

Vigneto di Brunello

Vigneto di Brunello

Di Donatella Cinelli Colombini

La maggiore sostenitrice della divisione in microaree è Kerin O’Keefe la brava scrittrice e giornalista che degusta i vini italiani per il Wine Enthusiast e conosce il territorio del Brunello palmo a palmo per avere soggiornato lungamente a Montalcino e avergli dedicato due libri. Nel secondo di essi Brunello di Montalcino – Understanding and Appreciating One of Italy’s Greatest Wines ha formulato la prima vera ipotesi di zonazione che è stata poi ripresa da Walter Speller uno dei più competenti collaboratori di Jancis Robinson e da altri wine critics stranieri come Tim Atkin.

Prezzi delle vigne in Italia e nel mondo con o senza villa

Le quotazioni di Knight Frank per le ville con vigneto in tutte le regioni vinicole più blasonate del mondo e quella di Assoenologi per le vigne d’Italia

Di Donatella Cinelli Colombini

Bordeaux France

Bordeaux France

Knight Frank è la più grande agenzia immobiliare indipendente del mondo con 330 uffici e 12.000 proprietà in vendita. Ma soprattutto è un’agenzia di consulenza e informazione formidabile. Vigne e cantine gli piacciono molto. Li c’è un bel business che Knight Frank tiene d’occhio costantemente ed è riassunto in un rapporto pubblicato il 7 gennaio scorso:
• I vigneti sono considerati un buon investimento in tutto il mondo
• Mendoza e la Toscana hanno avuto i maggiori aumenti di valore nel 2013 con il 25 % e 20 % (questa è musica per le mie orecchie)
• I vigneti spagnoli hanno registrato il maggior calo con il 20% dal 2000, quelli italiani del 15,3% e i francesi dell’11,8%
• L’estensione dei vigneti della Nuova Zelanda e della Cina è aumentata del 164 % e del 90 % negli ultimi 12 anni.
A dicembre Knight Frank ha pubblicato il suo “Global Vineyard Index 2013” una specie di rapporto sul valore delle vigne con una superficie superiore ai 5 ettari. Le sue stime, segnalate da WineNews, sono interessantissime.

La collina della discordia nel Barolo

Una storia italiana con anni di avvocati, veleni, ricorsi e sentenze che sovvertono le precedenti sulla collina del vino più favolosa d’Italia: Cannubi

Cannubi

Cannubi

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

Mio nonno Giovanni Colombini ne parlava come fosse la montagna degli dei, l’Olimpo dei vini piemontesi. Più tardi ci sono stata ospite della mia amica Anna Abbona dei Marchesi di Barolo e ho potuto costatare la bellezza della collina di Cannubi coperta di vigneti che in autunno diventano un mare d’oro. Da questo quadro romantico, fatto di paesaggio e di grandi Barolo, si scende poi in una situazione piena di toghe, bolli e vertenze legali. Insomma dal poetico al giudiziario.
Quella che è considerata come la madre storica del Barolo, la collina di Cannubi, è divisa fra 5 delle 166 “Menzioni geografiche aggiuntive” previste dal disciplinare di produzione del Barolo DOCG approvato nel 2009: Accanto a Cannubi ci sono anche Cannubi San Lorenzo, Cannubi Valletta, Cannubi Boschis, Cannubi Muscatel.

Cerchi il Barolo e trovi il Brunello

La ricerca “Il Barolo nella percezione di ristoranti ed enoteche” ha rivelato che il vino più richiesto nelle enoteche è invece il Brunello

Asta_Barolo_Tognazzi,Raspelli,Izzo,Fede

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L’indagine è stata commissionata dall’Accademia del Barolo, un’associazione di 14 blasonatissime cantine piemontesi:  Azelia, Michele Chiarlo, Conterno-Fantino, Damilano, Poderi Luigi Einaudi, Gianni Gagliardo, Franco Martinetti, Monfalletto-Cordero di Montezemolo, Pio Cesare, Prunotto, Luciano Sandrone, Paolo Scavino, Vietti e Roberto Voerzio.
L’esecuzione è stata affidata a un istituto altrettanto celebre, l’Ispo di Renato Mannheimer ed ha riguardato un campione di 50 ristoranti e 50 enoteche top.
Ma ecco la sorpresa, ben raccontata da WineNews. Cercavano il Barolo e invece hanno trovato il Brunello che vince la classifica del più richiesto in enoteca con 22% di preferenze seguite da Nero d’Avola, Barbera, Amarone e Montepulciano d’Abruzzo. Un sorpasso in massa del Barolo che si ferma al 4%.

Il Barolo in polvere da fare in casa

Amazon wine propone scatole “fai da te” di Barolo, Valpolicella, Chardonnay italiano … con le istruzioni per vinificare, imbottigliare e etichettare

Kit con Barolo in polvere

Kit con Barolo in polvere

Sembra uno scherzo ma invece è vero; verificate voi stessi! Digitando Amazon wine e mettendo la parola Barolo nello spazio per la ricerca viene fuori una pagina con al primo posto – in alto a destra – la scatola con l’occorrente per produrre in casa 9 bottiglie di Barolo istruzioni comprese. Il procedimento richiede 4 settimane e costa 44,58 $ con possibilità di sconto per 3 confezioni spedite a casa. A beneficio della sensibilità ambientalista di molti consumatori l’annuncio precisa: tutta l’uva è 100% OGM free. Vedi mai che sia quello a fare male!

Scorrendo la stessa pagina ci sono bottiglie più che reputate dei Marchesi di Barolo, Mascarello, Pio Cesare, Conterno … inconsapevoli comprimari del Barolo in polvere. La denominazione piemontese è la più amata in USA fra quelle italiane quindi non stupisce che sia stata scelta per lanciare il vino “fai da te” e che a ruota potessero arrivare, Brunello, Chianti e Amarone.

La Commissione europea si sta battendo contro l’uso improprio delle denominazioni italiane e sicuramente riuscirà nell’intento ma intanto va ascoltato il campanello d’allarme. Da un lato preoccupa l’idea del vino liofilizzato come fosse minestrone in polvere. Il vino trattato come una cosa che si può manipolare chimicamente senza danno per il consumatore anzi, con un deciso risparmio economico.

30 candeline per Barolo & Co

Ecco Elio Archimede, un signore piemontese apparentemente pacioso ma  in realtà guerrigliero, che da 30 anni racconta al mondo la terra del Barolo

Elio Archimede

Elio Archimede

Ho conosciuto Elio Archimede quando arrivò a Montalcino per occuparsi della promozione del nostro territorio. Erano gli anni eroici in cui i vignaioli del Brunello erano pochi ma uniti nel tentativo di far riconoscere il loro valore nel mondo. Archimede impostò la comunicazione su valori concreti: il lavoro e l’impegno richiesto da una produzione enologica d’eccellenza, le tradizioni locali, del vino e non solo …  Valori veri ma da cui i montalcinesi cercavano, in quel momento e forse inconsapevolmente, di staccarsi, valori che sono germinati lentamente e che,  a distanza di anni, sono ora alla base dell’orgoglio vignaiolo di chi produce Brunello.  Nel Liceo Scientifico di Siena c’era la classe di <<quelli del contado>>  in cui erano relegati, come nel medioevo,  gli studenti  dalla provincia e tutt’ora dire <<sei un contadino! >> è un’offesa pesante.  Per questo forse Elio Archimede sembrò, in quel momento,  meno brillante rispetto a certi suoi predecessori che basavano  la  comunicazione su personaggi famosi,  eventi glamour e  polvere di stelle.  Oggi invece il suo apporto prende tutt’altro spessore.