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E’ la senese Carlotta Salvini la TOP sommelier FISAR

Due lauree, ottima assaggiatrice, spigliata e poliglotta, Carlotta Salvini senese della Contrada della Torre è la migliore sommelier d’Italia 2019 FISAR

 

Carlotta Salvini miglior sommelier FISAR 2019

Carlotta Salvini miglior sommelier FISAR 2019

Di Donatella Cinelli Colombini

Ha 31 anni, una laurea in agraria e una in enologia, ha superato i tre livelli WSET, parla perfettamente inglese e, dal 2016, è Sommelier Fisar. Lavora a Felsina, in Chianti Classico dove dirige la wine hospitality e ora,  durante il periodo di quarantena covid ha rilasciato una video intervista a Marco Montemagno, il mitico Monty, che ha lasciato tutti di stucco per la simpatia, la competenza, l’entusiasmo, la chiarezza espositiva con cui ha parlato di vino ad un pubblico internazionale che segue Montemagno soprattutto per ascoltare marketing e economia.

 

CARLOTTA SALVINI MIGLIOR SOMMELIER FISAR 2019

Ma chi è Carlotta Salvini, la giovane donna che è salita sul gradino più alto dei sommelier FISAR 2019? E’ nata a Siena ed è entrata nel mondo del vino, come tanti studenti, partecipando alla vendemmia.

Carlotta Salvini miglior sommelier FISAR 2019 da Marco Montemagno

Carlotta Salvini miglior sommelier FISAR 2019 da Marco Montemagno

La competizione al titolo nazionale 2019 è avvenuta il 16 novembre nell’acquario di Livorno in occasione del XXVI concorso Miglior sommelier d’Italia Fisar (Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori). Un concorso a cui Carlotta partecipava in rappresentanza della delegazione di Siena Valdelsa. C’erano una prova scritta di conoscenza sui vini, una prova pratica sulla tecnica di servizio e degustazione, infine una prova orale nella quale è importante anche l’aspetto di comunicazione. I candidati dovevano descrivere un vino assaggiato al buio.

 

Maturazione del vino in botte, lo “stile italiano”

Con l’innalzamento delle temperature e le conseguenze in vigna e in cantina diventa urgente ripensare alle botti e allo “stile italiano” nella maturazione

 

Barriques - Antinori - cantina del Chianti Classico

Barriques – Antinori – cantina del Chianti Classico

di Donatella Cinelli Colombini

Da un’esagerazione a un’altra: dopo gli anni dei vini con troppo legno siamo passati alla moda del “no oak”. Per capire quale sia la via giusta l’Unione Italiana Vini attraverso il Corriere Vinicolo ha organizzato un’indagine e poi un convegno durante la fiera Simei di Milano.

 

GUSTO DI LEGNO MOLTI DICONO DI ODIARLO MA IN REALTA’ NON E’ VERO

Gli esiti sono stati intriganti, stimolanti e persino un po’ imbarazzanti. Infatti c’è una contraddizione di fondo: il consumatore dice di apprezzare un tipo di vino ma poi ne compra un altro. Crede di preferire i vini secchi ma poi è più contento di mettere nel bicchiere quelli con residuo zuccherino. Afferma di odiare le barriques e il vino “parkerizzato” ma poi sceglie quello con impronta di quercia a cui è abituato.
Contraddizione che, dalla mia esperienza, riguarda anche molti assaggiatori formati nell’epoca dei vini stile fine Novecento.

Non si tratta di un problema da poco soprattutto per vini con lunga maturazione in botte come il Brunello.

Botti Cantina Contucci - Montepulciano

Botti Cantina Contucci – Montepulciano

 

VITIGNO – FRUTTO E ORIGINE I DUE MACRO TRENDS ATTUALI

Partiamo dall’indagine condotta dal Master of Wine Justin Knock con interviste a enologi, produttori e distributori di tutto il mondo. Sono stati individuati due macro trends: la varietà dell’uva e l’origine geografica. Il legno è chiamato a supportare uno o entrambi questi elementi. Per i grandi vini è finita l’epoca della potenza rimpiazzata dalla ricerca di finezza e purezza. Le classiche regioni francesi continuano a usare le barriques come facevano prima di Robert Parker mentre il resto del mondo, dove i piccoli fusti si sono diffusi proprio con lo “stile Parker”, sta avvenendo il ritorno alle botti grandi.

 

Orcia e Tartufo accoppiata vincente

A San Giovanni d’Asso – Montalcino la degustazione dei vini Orcia guidata da Gabriele Gorelli propone l’abbinamento con il tartufo bianco delle Crete Senesi

weekend del tartufo bianco

Doc Orcia e tartufo-bianco-weekend-toscana

Di Donatella Cinelli Colombini

Per guidare la degustazione dei suoi vini la Doc Orcia il 19 novembre, ha scelto Gabriele Gorelli, l’italiano più vicino al titolo di Master of Wine. Riconoscimento che molti wine critics del nostro Paese, inseguono da anni senza successo e per il quale il giovane wine expert di Montalcino Gabriele Gorelli lavora da anni. Ha già superato tutti gli esami con degustazione (l’ultimo il 3 giugno scorso) e deve ora scrivere la tesina finale di 1.000 parole. Uno scoglio complesso ma non impossibile per entrare nel sodalizio fondato a Londra nel 1953 ed ora composto da 390 esperti di vino di 30 Paesi del mondo.

GABRIELE GORELLI GUID LA DEGUSTAZIONE DEI VINI ORCIA

Orcia-Doc-vini-

Orcia-Doc-vini-

La scelta di un degustatore con una forte impronta internazionale nasce dal mercato della Doc Orcia, denominazione nata nel 2000 e prodotta da una sessantina di piccole e piccolissime cantine con cura artigianale. 300.000 bottiglie all’anno quasi tutte vendute a chi viene nel territorio di produzione. Un’area collinare fra i territoti del Brunello e del Vino Nobile con una immensa vocazione per i rossi da lungo invecchiamento. Ma chi pensa a una clientela locale sbaglia: l’area dove nasce la Doc Orcia si allarga intorno alla splendida Valdorcia iscritta nel patrimonio dell’umanità Unesco dal 2004 per l’armonia del paesaggio agricolo creato da secoli di lavoro contadino. Ogni anno, la sua misteriosa armonia e le sue città d’arte, attraggono oltre un milione di presenze turistiche e circa altrettanti escursionisti. Un turismo soprattutto estero con una grossa componente statunitense. Persone molto sensibili all’agroalimentare che amano assaggiare, visitare cantine e vigneti, incontrare i produttori, fare lezioni di cucina, entrare nei laboratori delle eccellenze del gusto….. L’Orcia ha dunque un “export sotto casa”. Per questo vuole confrontarsi con i grandi esperti italiani ma anche con chi offre un punto di vista più internazionale. In passato si è rivolta alla statunitense Kerin O’Keefe di Wine Enthusiast, al britannico Richard Baudain di Decanter e all’olandese Walter Speller del super blog di Jancis Robinson alternando i loro contributi con quelli dei campioni mondiale e italiano dei Sommelier AIS.

Chi sarà il primo Master of Wine italiano?

I candidati sono 5: Alessandro Torcoli Gabriele Gorelli Andrea Lombardi di Bertani Domains Pietro Russo di Donnafugata e Gianpaolo Paglia di Poggio Argentiera

Gabriele Gorelli

Gabriele Gorelli

Di Donatella Cinelli Colombini

I Master of Wine sono la “best wine community” l’associazione più esclusiva di esperti di vino esistente al mondo. Sono nati nel 1953 a Londra e nei sessant’anni di vita dell’associazione solo 372 persone sono riuscite a superare i terribili esami di ammissione. Adesso ci sono 322 MW attivi in 24 Paesi ma nessuno di loro è italiano. Sono responsabili o proprietari di aziende che producono, vendono oppure spediscono vino, insegnanti, studiosi, sommelier, giornalisti e ogni forma di addetti all’enologia. Occupano i posti chiave del commercio del vino.

Per entrare in questo olimpo servono almeno tre anni durante i quali frequentare dei

Alessandro-Torcoli-civilta-del-bere

Alessandro-Torcoli-civilta-del-bere

seminari e compiere un percorso formativo con l’aiuto di un Master of Wine tutor. Gli esami sono tre e possono essere ripetuti per un massimo di cinque volte dopo di che si è definitivamente bocciati. Il primo è pratico e riguarda l’assaggio bendato di 12 vini da descrivere per scritto. Segue l’esame teorico su aspetti produttivi e commerciali e infine la relazione di 10.000 parole su un tema inedito frutto di una ricerca personale.