
Immagine e immaginario nel turismo del vino
Ecco perché, quanto, dove e come il turismo del vino -virtuale e reale- influenza la percezione di valore del vino,il suo apprezzamento e le sue vendite
Di Donatella Cinelli Colombini per OICCE
Due terzi del valore percepito del vino non è vino. Prezzo, posizionamento commerciale, packaging, storia, luoghi, pubblicazioni, personaggi …. Ognuno di questi elementi comporta una percezione di valore. In questa sede ci soffermeremo sui vigneti, la cantina, la zona dove nasce il vino e le persone che lo fanno nascere. Vedremo come il territorio di origine può, se ben usato, accrescere l’appeal e la fidelizzazione verso la denominazione o il singolo produttore. Il turismo del vino è lo strumento di questo processo ed è uno strumento potente. Il primo elemento da capire è la dimensione di questo strumento.
Dal 2012 i viaggiatori mondiali hanno superato il miliardo e crescono al ritmo del 4% all’anno. In Italia, nel 2013, gli arrivi di viaggiatori dall’estero sono stati 46 milioni, finalmente il nostro turismo ha ripreso a crescere anche se con un modesto 1,9%. Il turismo del vino aumenta più velocemente (intorno al 3% all’anno) ma meno uniformemente. I 5-6 milioni di visitatori che ogni anno vanno nelle zone di produzione enologica generano un business stimabile in 3 miliardi di Euro fra fatturato diretto e indotto; per un Euro pagato in cantina, l’enoturista ne spende altri 4 nella stessa zona.
Dobbiamo poi considerare la voce “enogastronomia” nei consumi della totalità dei turisti cioè pasti, assaggi e shopping
di bottiglie, salami, formaggi … pari all’11% della spesa turistica complessiva, un cifra da capogiro di 7,6 miliardi. In pratica i turisti sono il primo mercato di “esportazione” dei vini italiani e, quando ritornano nel loro Paese di origine, portano la memoria e il racconto di quello che hanno bevuto e mangiato. Aprono opportunità di export al punto che una nuova rotta low cost deve essere considerata anche sotto il profilo della maggiore penetrabilità all’esportazione e non solo del vino ma anche di formaggi, vestiti, ceramiche …. tutto ciò che il turista impara a conoscere nella zona dove trascorre le vacanze.
Per concludere l’esame economico del turismo del vino, va considerato l’approvvigionamento domestico nel luogo di produzione. Su questo fronte, recentemente, è avvenuto un vero boom con una crescita delle cantine con vendita diretta (21.000) e dei clienti mossi dal desiderio di comprare vini di buona qualità risparmiando e contemporaneamente avere maggiori garanzie sull’origine e il sistema produttivo. Insomma, in questo periodo di crisi, l’acquisto in cantina è percepito come quello con il miglior rapporto qualità-prezzo. Una filiera corta enologica di cui si apprezzano i vantaggi ma anche la piacevolezza dell’esperienza perché, insieme al vino, si ricevono informazioni in un contesto conviviale e di intrattenimento completamente diverso dal carattere impersonale del supermercato.
I turisti del vino sono prevalentemente maschi, 30-50 anni, viaggiano soprattutto in coppia o con amici. Usano i social media 6 volte di più della media. Fra loro ci sono target diversi: i turisti per caso senza un preciso interesse per il vino, i turisti del vino veri e propri, che sono il gruppo più numeroso (1.770.000) i talent scout e gli amanti del lusso. Quello che accomuna tutte queste tipologie – salvo un segmento della prima- è la notevole propensione alla spesa, il turismo del vino è, infatti, fra quelli con alta spesa giornaliera.
Sul fronte dell’offerta, le cantine organizzate per l’accoglienza sono ancora poche ( poco più di mille) benchè le nuove strutture di produzione nascano quasi tutte con una parte destinata ai visitatori. Anche le Strade del vino ben organizzate sono una quota marginale rispetto alle 170 esistenti; su questo fronte, anzi, potremmo dire che il flop è più che evidente, nonostante gli investimenti pubblici.
Tuttavia, anche senza network territoriali efficienti, l’offerta di beni e servizi turistici nelle zone del vino continua a crescere, a diversificarsi ed a strutturarsi: ristoranti dove il cliente trova dagli assaggi al bicchiere alla lezione di cucina tipica, società di incoming con minibus o auto con conducente-sommelier, alberghi, agriturismi e wine resort, enoteche capaci di vendere accessori, degustazioni e persino minicorsi, spa con vinoterapia…. Una crescita di addetti e di business
che trasforma le zone del vino e crea un’economia parallela a quella propriamente enologica. L’associazione Nazionale Città del Vino ha istituito un osservatorio che, anno dopo anno, fotografa l’evoluzione di questo comparto. Il vino da solo non ha mai ingenerato turismo ma ora meno che mai. Per attrarre visitatori una denominazione deve associare a una produzione enologica distintiva e di alto livello, un territorio bello e integro, elementi culturali rilevanti e un’ottima gastronomia tipica, ultimo in ordine di tempo ma non meno importante la capacità di far vivere il vino come intrattenimento.
Le esigenze del turista del vino, infatti, non sono più quelle di dieci ani fa; come ha rilevato il sociologo Fabio Taiti, si afferma un nuovo bisogno di esperienze uniche, memorabili, divertenti. La destinazione è percepita come qualcosa di unitario dove l’enogastronomia è una chiave di comprensione e una componente della cultura locale. Questo aspetto, già sottolineato da Mara Manente del CISET nel suo rapporto sul turismo nelle terre di Siena del 2008, è sempre più vero e vorrei darne una esemplificazione usando Marsala. Nel ricordo del visitatore il vino è inscindibilmente collegato all’albergo super lusso nell’antico convento, alla gentilezza della guida, al piatto di crudo di mare servito su fette di arancia,all’isola di Mozia, al paesaggio delle saline, alla spettacolosa cantina Florio, a Garibaldi … Alla fine quel vino Marsala che, prima del viaggio, non attraeva più di tanto ma anzi sembrava un “passato di moda”, viene percepito come qualcosa di completamente diverso, da preferire, apprezzare e raccontare.
Ecco come le “destination” che hanno saputo costruire intorno ai loro vini un’offerta distintiva, diversificata e qualificata, si avvantaggiano fortemente da questa circostanza in termini di business turistico ma anche in termini di business enologico. In questo momento la Toscana ha una posizione molto forte e, nella classifica delle mete enoturistiche mondiali, compare sempre fra le prime dieci, a volte addirittura al primo posto come nel Travellers Choice Award 2012 o nel Wayn Award 2013. Risultati che corrispondono a un investimento costante, diffuso e, spesso, di altissimo livello di cui sono buoni esempi la cantina Antinori nel Chianti Classico o il museo del Castello di Brolio con 40.000 visitatori nel 2013. Un insieme di investimenti e iniziative che hanno una ricaduta fortissima sull’immagine del vino toscano e sulle sue prospettive commerciali. Qualcosa che nasce dalla visita reale di milioni di wine lovers ma anche dalla visita virtuale, cioè dall’ uso sapiente e costante dei social
media. In questo caso uso Montalcino come esempio di diffusione on line delle notizie che accreditano e accrescono il mito del Brunello: visitatori illustri, premi, eventi … news che probabilmente anche Montefalco oppure Alba potrebbero mettere in campo ma che solo Montalcino diffonde con cadenza giornaliera fra gli appassionati di tutto il mondo. Il Convegno di Vinitaly 2013 “Vino e social media, Netnografia per un approccio strategico al nuovo marketing del vino” ha messo ben in evidenza come il Brunello dominasse la scena virtuale del vino e soprattutto come i suoi messaggi coincidessero con le associazioni semantiche legate al vino: beauty, classy, foodlover, relax, amazing.
Per concludere desidero ribadire l’importanza del web nella promozione del turismo del vino e del vino. Dal 2013 il passaparola è stato superato da internet come strumento di intercettazione degli enoturisti. Il 30% dei wine lover organizza il suo viaggio on line e un crescente numero di utenti lo usa anche sul posto. Per ottenere una ricaduta positiva del turismo del vino sulle bottiglie bisogna dunque che il territorio sia capace di offrire un’esperienza indimenticabile ma lo faccia sia realmente che virtualmente.