Twitter Tag

Gianluca Morino vignaiolo virtuale

Produce Barbera a Nizza Monferrato ed è il vignaiolo più digitale d’Italia. A Gianluca Morino piacciono i tappi a vite e la juve, ma odia i diserbanti

Gianluca-Morino

Gianluca-Morino

Di Donatella Cinelli Colombini, Cenerentola, Doc Orcia

E’ venuto a trovarci alcuni anni fa a seguito di un articolo del nostro blog. In quel momento nacque l’idea di organizzare un evento congiunto che , tuttavia, prende forma solo quest’anno alla Fattoria del Colle nelle mie amate colline toscane. Rimasi sorpresa dalla sua statura, da giocatore di basket, e dai suoi vini di una personalità coraggiosa. Gianluca Morino ha fatto della Barbera e del suo innalzamento qualitativo, lo scopo del suo lavoro e forse persino della sua vita.
Quando scrive nei social ha un approccio diretto, franco fino alla ruvidezza, ma verso la vigna è amorevole. La foto principale nella sua pagina Facebook lo ritrae mentre sorride a un grappolo d’uva; tutto quello che ruota intorno alla sua azienda, Cascina Garitina, ha un carattere quasi intino, cominciando dal nome che è il diminutivo, in dialetto, della bisnonna

Gianluca-Morino

Gianluca-Morino

Margherita. Proprio l’uso del dialetto dimostra un rapporto profondo con la terra, ecco che l’azienda fondata nell’anno Novecento-neuvsent (in piemontese) da il nome al Barbera Nizza, quello con disciplinare più restrittivo, che Gianluca produce con le vigne piantate nella prima metà del secolo scorso.
I Morino sono vignaioli appassionati, di quelli che passano la maggior parte del loro tempo lavorando manualmente i loro 26 ettari di vigna. La coltivano con Barbera, Brachetto, Dolcetto, Pinot Nero, Merlot e Cabernet Sauvignon. Alla fine di aprile 2017 quando arrivarono le gelate tardive che distrussero gran parte rilevante del vigneto europeo, Gianluca fu uno dei primi a suonare l’allarme <<un’altra notte di preghiera>> scrisse mentre la perturbazione artica arrivava.

Vino vino delle mie brame, qual è il tappo migliore del reame?

Una costante delle discussioni del mondo del vino è la spinosa questione del tappo, tra sostenitori del sughero e dello screw cap.

Letto per voi da Bonella Ciacci

tappo di sughero vs. tappo a vite

tappo di sughero vs. tappo a vite

Seguendo Marilena Barbera (@marilenabarbera) e il produttore proprietario di Cascina Garitina, Gianluca Morino (@gianlucamorino) su Twitter, leggo alcuni giorni fa di un’interessante ma accesa discussione che si è scatenata sul social network per via di un articolo di Slow Food dove si riportano le idee di Robert Parker. Il celebre e stimato esperto di vino del Wine Advocate sostiene che entro il 2015 il tappo di sughero sarà in minoranza sul mercato mondiale.

Da queste poche parole, quasi lapidarie per il povero tappo tradizionale, si scatena una guerra a colpi di posizioni forti, sostenute da una parte da chi protende per abbracciare le nuove tecnologie, come lo screw cap, che garantiscono l’eliminazione di rischi come l’ossidazione, e dall’altra chi invece difende tradizione, gestualità, poesia e “rischi naturali da mettere in conto”. L’articolo di Slow Food, che ha anche un programma per sostenere la produzione del sughero, si schiera nettamente dalla parte del tappo tradizionale, riportando i dati di uno studio dall’Associazione portoghese del Sughero (Apcor): l’85%  dei 2001 intervistati vede nel tappo di sughero simbolo di alta qualità e prestigio. Idea comune e anche condivisibile, visto che i più grandi vini del mondo (da un Brunello Biondi Santi ad un Pétrus, sono rigorosamente tappati in sughero), ma il punto è forse un altro. Per sostenere strenuamente questa immagine, non stiamo perdendo di vista la qualità e la preservazione del vino?

Le aziende devono imparare a cinguettare

In Italia, ancora poche aziende hanno capito e sfruttato le potenzialità di uno dei social network più importanti, Twitter. Ecco perché conoscerlo meglio.

Letto per voi da Bonella Ciacci

SocialMedia_Vino1-620x320

SocialMedia_Vino1-620x320

Qualche giorno fa il social media strategist ed esperto di personal branding Riccardo Scandellari ha pubblicato un articolo riguardo l’efficacia e risultati che si possono ottenere per le aziende che imparano a sfruttare al meglio il social dell’uccellino blu, Twitter. Prendo spunto dalle sue parole per evidenziare alcuni punti chiave e riportare l’esperienza diretta fatta nell’azienda di Donatella Cinelli Colombini, per la quale lavoro.

“Twitter è il social più difficile da comprendere per chi non ha uno spirito da blogger”, ed ha ragione Riccardo in questa sua affermazione. Soprattutto in Italia, dove il social più utilizzato (e abusato) è Facebook, l’utente medio della rete fatica a comprendere le dinamiche del famoso sito di microblogging. Sì, perché così nasce twitter, come un sito di microblogging, dove quindi lo scopo principale è produrre e postare contenuti, che si racchiudano nei 140 caratteri. Da allora di strada ne ha fatta e le cose sono cambiate, aggiungendo molte funzioni, ma rimanendo comunque sostanzialmente un sito minimal, fatto di sostanza e poco di apparenza.

“L’utente Twitter è maggiormente disposto a cliccare il link contenuto del post e molto più disponibile a ricondividerlo se lo ritiene utile e interessante.”. Questo è l’altro punto chiave che reputo estremamente importante, e che è comunque strettamente legato alla natura principale di Twitter, ovvero un sito che punta sui contenuti. Per un’azienda che punta a costruirsi un’immagine seria e una reputazione importante, è utile mostrare di  non “vendere fumo”, ma dare prova delle proprie competenze, capacità e conoscenze. E’ il problema che sembra evidenziare la ricerca di FleishmanHillard Italia, ripreso dal sito www.franzrusso.it, che ha analizzato nel 2013 la presenza delle aziende vinicole sul web e sui social. Sembra aumentata molto la quantità, ma non la qualità di ciò che viene pubblicato. Non si crea contenuto. Perché accade questo?

Vino, passione e…un nuovo lavoro

Siete dei winelover? Amate il vino e vorreste fare della vostra passione una professione? Sempre di più le cantine oggi ricercano figure nuove da inserire nel proprio organico.

Letto per voi da Bonella Ciacci

winelover

winelover

Fino a poco tempo fa le figure ricercate dalle cantine erano ben specifiche, e limitate a quelle che sono le varie fasi del processo produttivo del vino, fino a raggiungere la sua commercializzazione: enologi, agronomi, cantinieri, operai agricoli capaci di vendemmiare o potare…fino a responsabili commerciali sia per l’Italia che per l’estero.

Ma oggi, per vendere un vino, non basta più soltanto un prodotto di qualità, e dei buoni agenti. La comunicazione, i new media, e l’accoglienza in cantina sono i nuovi settori che si stanno sviluppando sempre di più, facendo nascere l’esigenza di nuove figure professionali. Non a caso, nel sito italiano specializzato nell’incontro domanda/offerta per il lavoro nel settore del vino WineJob.it, tra 8 offerte di lavoro al momento aperte, ben 4 sono riferite al settore marketing. Come non sorprende che tra il personale ricercato negli USA, tramite il sito winejobsusa.com, ci sia una specifica richiesta per i wine enthusiasts. Queste figure dovranno lavorare in modo indipendente, organizzando a casa o comunque privatamente eventi di degustazione, e percepiranno un compenso a percentuale sulla base degli ordini raccolti dopo questi eventi. E non solo. Sono richiesti molti consulenti, la cui mansione principale è accogliere clienti in cantina e presentare e vendere i vini dell’azienda, così come assistenti nelle sale degustazioni, e la principale caratteristica del candidato deve essere una grande passione per il vino e una spiccata personalità entusiasta e coinvolgente. Sono almeno una decina le richieste di questo genere, e questo soltanto tra le prime 50 di 234 totali che ci sono al momento sul sito.

6toscana? Allora vantatene

Il 9 gennaio 2014 aprii Twitter e trovai che tutti rivendicano la propria origine toscana con grande orgoglio. Tra battute e stereotipi, ecco perché esserne davvero fieri.

Visto per voi da Bonella Ciacci

logo

logo

Da senese DOC, vedere che su twitter si fa un gran parlare della toscanità non poteva che colpirmi. Alle 9 di mattina del 9 gennaio l’hashtag (le parole precedute dal simbolo #) era al 3° posto nei TT di twitter.
Facciamo un passo indietro. Cosa sono i TT, ovvero i Trending Topics di twitter? Sono quegli argomenti che fanno tendenza (trend, appunto) su twitter durante la giornata, e la classifica dei 10 trending topics è in costante aggiornamento. Un argomento entra in questa classifica quando una parola o un hashtag è twittato e retwittato da moltissimi utenti in un breve lasso di tempo e genera conversazioni che coinvolgono più utenti possibili. Ecco che l’algoritmo di Twitter lo individua e lo segnala come argomento caldo del momento. Esempi eclatanti di TT possono essere stati ultimamente per esempio l’incidente sugli sci di Schumacher, o l’accordo sulla legge elettorale tra Renzi e Berlusconi, oppure l’insediamento del nuovo Papa.

Il vino ha bisogno di un social media su misura

Facebook e Twitter forse non bastano per dare al mondo del vino notizie e contatti come per gli studenti USA che usano un canale specifico

California-Polytechnic-State-University

California-Polytechnic-State-University

Un recente studio di Marianne McGarry Wolf, Mitch Wolf, Leanne Brady, Hanna Peszynski, Lindsey Higgins and Shane Wolf  pubblicato in “Wine economics” mostra come  il mondo del vino faccia un uso crescente dei social media. 11,5 milioni di utilizzatori statunitensi di Facebook sono interessati a vino, birra o superalcolici. Per questo il comparto enologico usa internet per dialogare con i clienti e definire il loro profilo. Ma non solo, lo usa anche per stabilire relazioni industriali e trovare fornitori. Un’indagine di ABLE “Social Media Marketing” 2012  ha rivelato che il 94% delle cantine americane sono su Facebook , il 73% sono su Twitter e quasi la metà ritiene che i social media agevolino la vendita dei vini.