
Vino vino delle mie brame, qual è il tappo migliore del reame?
Una costante delle discussioni del mondo del vino è la spinosa questione del tappo, tra sostenitori del sughero e dello screw cap.
Letto per voi da Bonella Ciacci
Seguendo Marilena Barbera (@marilenabarbera) e il produttore proprietario di Cascina Garitina, Gianluca Morino (@gianlucamorino) su Twitter, leggo alcuni giorni fa di un’interessante ma accesa discussione che si è scatenata sul social network per via di un articolo di Slow Food dove si riportano le idee di Robert Parker. Il celebre e stimato esperto di vino del Wine Advocate sostiene che entro il 2015 il tappo di sughero sarà in minoranza sul mercato mondiale.
Da queste poche parole, quasi lapidarie per il povero tappo tradizionale, si scatena una guerra a colpi di posizioni forti, sostenute da una parte da chi protende per abbracciare le nuove tecnologie, come lo screw cap, che garantiscono l’eliminazione di rischi come l’ossidazione, e dall’altra chi invece difende tradizione, gestualità, poesia e “rischi naturali da mettere in conto”. L’articolo di Slow Food, che ha anche un programma per sostenere la produzione del sughero, si schiera nettamente dalla parte del tappo tradizionale, riportando i dati di uno studio dall’Associazione portoghese del Sughero (Apcor): l’85% dei 2001 intervistati vede nel tappo di sughero simbolo di alta qualità e prestigio. Idea comune e anche condivisibile, visto che i più grandi vini del mondo (da un Brunello Biondi Santi ad un Pétrus, sono rigorosamente tappati in sughero), ma il punto è forse un altro. Per sostenere strenuamente questa immagine, non stiamo perdendo di vista la qualità e la preservazione del vino?
Sono da sempre schierata con i romantici, e non lo nascondo. Avendo studiato da sommelier amo e sono legata alla gestualità e al rito che sta dietro l’apertura di una bottiglia, ma non posso negare che la mia posizione ha nulla a che vedere in fondo con il risultato finale, ovvero avere la garanzia di bere un buon vino, non ossidato, che non sa di tappo, e che ha preservato le sue proprietà nel tempo. Siamo forse “troppo” figli della nostra tradizione, tanto da non riuscire ad affrancarsene.
L’articolo pubblicato da WineNews il 9 luglio in merito mi fa appunto riflettere su questo aspetto:
non è un caso che uno dei paesi che più di tutti sposa il tappo a vite sia l’Australia, dove il tappo a vite convince il 55% dei winelover, contro il 38% degli amanti del sughero. A seguirlo c’è il Regno Unito, dove invece si registra un ex-equo. I paesi dove la tradizione vinicola non è antica come in Italia, sembrano sposare con più facilità le nuove tecnologie. Come dice Gianluca Morino, “A me il tappo interessa poco perché bevo il vino e non la chiusura”. Un po’ una provocazione, certo, ma in fondo è vero, no?