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QUAL’È LA CANTINA DI SUCCESSO PER VINO VIP: COMMERCIALE O AGRICOLA?

A Vino Vip il confronto fra le cantine con vigneto con quelle commerciali rivela che le prime sono immediatamente più remunerative ma alla lunga la vigna paga

Alessandro Torcoli VinoVip Cortina

Alessandro Torcoli VinoVip Cortina

Di Donatella Cinelli Colombini

Vino Vip a Cortina, l’appuntamento annuale organizzato dal Direttore di Civiltà del Bere Alessandro Torcoli riunisce le più prestigiose cantine italiane, propone degustazioni e incontri utili al business insieme a conferenze e seminari di grandissimo interesse.
Ero stata invitata anch’io, in rappresentanza delle Donne del Vino, ma proprio non sono riuscita ad andare. Troppi appuntamenti … e niente VinoVip, peccato!

VINO VIP 2019 SVELA QUALI SONO LE CANTINE DI SUCCESSO

 

Lo straordinario interesse di VinoVip 2019 nasce dallo studio “Le variabili del successo”, firmato dal professor Luca

VinoVip Cortina Riccardo Cotarella

VinoVip Cortina Riccardo Cotarella

Castagnetti, a capo del Centro Studi Management DiVino. Un’analisi che ribalta le più radicate convinzioni: le cantine commerciali fanno profitti e quelle agricole arrancano sommerse dai mutui.
Nel numero 227 -2018 di Wine Economics, Stefano Castriota,dell’Università di Bolzano, pubblicò un saggio dimostrando che i vini che fanno guadagnare non sono quelli di eccellenza. Secondo lui, infatti, chi guadagna di più sono gli imbottigliatori perché gli enormi investimenti richiesti dall’acquisto di vigneti, cantine, attrezzature enologiche, creazione del brand e della rete commerciale … produce un innalzamento qualitativo del vino ma manda in rosso i bilanci. Viceversa i commercianti comprano vini mediocri, li imbottigliano con la loro etichetta e concentrano gli investimenti per venderli. Il capitale investito è minimo e quindi anche se la marginalità sui vini venduti è piccola alla fine, questo tipo di impresa, guadagna di più.

I vini cattivi fanno guadagnare più dei buoni

Stefano Castriota su Wine Economics: nel vino non c’è una relazione fra qualità o reputazione e profitti bensì fra dimensione produttiva e profitti

Di Donatella Cinelli Colombini, Montalcino, Brunello, Casato Prime Donne

Stefano Castriota

Stefano Castriota -indagine sui vini cattivi che fanno guadagnare

Stefano Castriota, in un saggio pubblicato nel numero 227 di “Wine Economics” periodico dell’associazione statunitense degli economisti del vino, spiega perché i vini che fanno guadagnare non sono quelli di eccellenza. Lo studioso dell’Università di Bolzano ha indagato sulla redditività delle aziende del vino scoprendo che, a ben vedere, chi guadagna di più sono gli imbottigliatori per i quali l’eccellenza qualitativa è meno importante. Il nocciolo del problema è negli enormi investimenti richiesti dall’acquisto di vigneti, cantine, attrezzature enologiche, creazione del brand e della rete commerciale … spesso questa grande quantità di denaro produce un innalzamento qualitativo del vino ma manda in

Indagine sui vini cattivi che fanno guadagnare più dei buoni

Indagine sui vini cattivi che fanno guadagnare più dei buoni

rosso i bilanci. Viceversa i commercianti comprano vini mediocri, li imbottigliano con la loro etichetta e concentrano gli investimenti per venderli. Il capitale investito è minimo e quindi anche se la marginalità sui vini venduti è piccola alla fine, questo tipo di impresa, guadagna.
Va infatti considerato che la produzione di vini di alta qualità è molto costosa e, anche se il prezzo del vino è alto, non sempre basta a pagare i costi di una struttura produttiva onerosissima.
Il problema che si è posto Stefano Castriota è sapere se il controllo dell’intera catena produttiva e l’eccellenza qualitativa che ne deriva sono remunerative. Alla fine la risposta è no.

Identikit delle Donne del Vino

Laureate, fanno figli dopo i 30 anni, guadagnano meno degli uomini e sono ancora alle prese con il sessismo, ecco la fotografia delle Donne del Vino di oggi

Identikit-Donne-del-Vino-2016-Stampa-estera

Identikit-Donne-del-Vino-2016-Stampa-estera

Persino sulla diversificazione produttiva le donne costituiscono un esempio virtuoso, rispetto al 5,2% delle aziende agricole che possiedono un agriturismo (1.600.000 imprese agricole 22.238 agriturismi) vediamo che il 30% delle cantine con direzione femminile ha pernottamenti e il 20% offre ristorazione.
<< L’indagine  2016 sulle Donne del vino rivela il nuovo profilo del mondo del vino italiano al femminile. Alcune conferme e molte sorprese soprattutto riguardo a un sessismo superiore alle attese>> commenta la presidente dell’associazione Donatella Cinelli Colombini introducendo l’argomento che è stato commentato dal Professor Gabriele Micozzi e dal coordinatore del Gruppo del Gusto della Stampa Estera Alfredo Tesio.

Alfredo-Tesio-Donatella-Cinelli-Colombini-Gabriele-Micozzi

Alfredo-Tesio-Donatella-Cinelli-Colombini-Gabriele-Micozzi

Al questionario inviato nei mesi scorsi, ha risposto il 24% delle Donne del Vino: produttrici, giornaliste e esperte, enotecarie, ristoratrici  di tutte le parti d’Italia. sociale. Su due punti c’è un’assoluta omogeneità di vedute: sul ruolo delle donne nel mondo del vino le cose vanno meglio, ma non bene e c’è ancora tanto da fare per raggiungere una reale parità di genere. Inoltre le donne prendono esempio da altre donne assumendole come modelli (84%) elemento quest’ultimo da non sottostimare perché le recenti indagini di Wine Economics sulle donne del vino australiane hanno invece rivelato la propensione del settore femminile del vino a conformarsi a comportamenti professionali e sociali maschili adattandosi a un ambito che le vede in netta minoranza.

Le donne fanno bene all’ambiente e all’export del vino

Uno studio dell’Università di Perth nel South Australia mostra come la leadership femminile cambi in meglio il mondo del vino e gli dia anche più business

Donne-vino-sostenibilità-export-in-Australia

Donne-vino-sostenibilità-export-in-Australia

Di Donatella Cinelli Colombini, Brunello, Casato Prime Donne 

L’analisi riguarda 646 aziende di quattro regioni australiane e certifica l’effetto tonico della leadership femminile nel mondo del vino in termini di difesa ambientale e performance economiche al punto da proporre una quota femminile a capo delle cantine per aumentare le prospettive dei territori del vino.
Risultati che coincidono con quelli del sondaggio effettuato nel 2016 fra le Donne del vino Italiane; nelle cantine in cui sono titolari o contitolari, le donne sviluppano il 50,8% del loro business all’estero mentre la media italiana è del 15%. Anche sul fronte ambientale i dati scaturiti dal sondaggio rivelano un 27,4% di conduzione biologica o biodinamica contro una media nazionale è intorno all’11%.
La tendenza che vede le donne, grazie alla maggiore scolarizzazione e alla crescita del loro ruolo, come gli attori di un forte cambiamento nelle cantine viene dunque confermata nel senso di un’evoluzione verso il rispetto ambientale e l’attività

Donne-vino-sostenibilità-export-in-Australia

Donne-vino-sostenibilità-export-in-Australia

commerciale che promette ottimi frutti nel futuro, soprattutto in Italia dove la comunicazione e il marketing, sono spesso meno curati della produzione creando una sorta di tappo allo sviluppo delle imprese enologiche.
L’analisi pubblicata da “Wine Economics” dell’ottobre 2016 è di Jeremy Galbreath della Curtin Graduate School of Business dell’Università di Perth in Australia.
Lo studio esamina le dinamiche di propagazione della sensibilità ambientale e nota che << With respect to gender, evidence suggests that women, more so than men, are linked to a concern for the natural environment and firms’ environmental performance>>

Cosa influenza il prezzo del vino al ristorante?

Il prezzo del vino al ristorante dipende soprattutto dal suo stile e colpisce soprattutto i vini più semplici. Una bottiglia pagata 5€ può arrivare a 118

Arvid Rosengren miglior Sommelier del mondo ASI

Arvid Rosengren miglior Sommelier del mondo ASI – Prezzo del vino al ristorante

Di Donatella Cinelli Colombini, Montalcino, Casato Prime Donne

267 Sommelier ASI International Sommelier Association hanno partecipato a un sondaggio nel 2014 sul prezzo del vino al ristorante pubblicata su “Wine Economics” nell’aprile 2016 da parte di Florine Livat e Hervé Remaud del KEDGE Business School & Bordeaux Wine Economics.
E’ evidente che il vino è una componente importante del business dei ristoranti e che la presenza di un Sommelier nella sala favorisce la presenza di wine list più curate e una maggior attenzione dei clienti sulle bottiglie. Da notare come l’abbinamento cibo-vino incentivi le ordinazioni mentre la proposta delle bottiglie in base a categorie di altro tipo le deprima.

Marco Reitano Sommelier Hilton Roma

Marco Reitano Sommelier Hilton Roma

Gli elementi che determinano il ricarico del vino nel ristorante sono tantissimi: dalla politica delle cantine, alle mode, alla presenza di un monopolio pubblico…. In genere il ricarico è più basso sui vini molto cari, ma la possibilità di aumentare considerevolmente il prezzo è un elemento decisivo nella scelta dei vini da comprare perché le performance dei vini sono decisive ai fini del buon andamento economico del locale.
Il primo dato risultante della risposte dei Sommelier è che, un vino del valore di 5€ arriva in tavola a 15€ in un ristorante semplice ma può essere ricaricato del 237% quando è servito in un locale elegante.

Wine maker donne in California brave ma poche

Sembrano molte perché sono brave e hanno buona visibilità ma sono solo il 9,8% del totale, come in Australia. Il soffitto di cristallo esiste anche in USA

Di Donatella Cinelli Colombini

Turiya Wines are handcrafted by Angela Soleno

Turiya Wines are handcrafted by Angela Soleno

Le tre analisi sono fresche, fresche e sono pubblicate dalla rivista mondiale più autorevole in materia di wine business AAWE – Wine Economics” con la firma di Lucia Albino Gilbert e John Carl Gilbert del dipartimento di psicologia dell’Università di Santa Clara in California. Mirano a capire la distanza che ancora separa le donne dal soffitto di cristallo oltre il quale ci sono i ruoli dirigenti e, in questo caso, gli incarichi di direttori delle cantine.
In USA dal 1970 le laureate in materie scientifiche sono cresciute costantemente e oggi metà degli studenti che concludono l’università di medicina sono donne. Qualcosa di simile è avvenuto anche nelle facoltà di enologia. Nel 1990, a UC Davis,

female_winemakers

female_winemakers

il più celebre centro di studi agricoli degli Stati Uniti, le laureate in enologia donne erano più o meno lo stesso numero degli uomini ma negli anni successivi sono cresciute ancora.
Questo avveniva mentre anche il ruolo delle donne nel mercato del vino aveva una rapida evoluzione. Oggi le donne acquistano il 59% del vino per consumi abituali e il 50% di quelli saltuari in USA. Quindi abbiamo un bel numero di laureate in enologia e di acquirenti donne che privilegiano vini fatti da altre donne. Nonostante questo gli enologi capo delle cantine Californiane sono uomini nel 90% dei casi. La percentuale scende a Napa fino al 71% e a Sonoma (80%) ma il settore resta ancora fortemente maschile, specialmente ai vertici delle gerarchie. Per arrivare in cima, le poche che ce la fanno, devono avere un talento e un impegno enormi. Resta da capire perché il 9,8% di donne enologo abbia una visibilità così forte  da dare l’impressione di una vera valanga rosa nel vino.

Il paradosso della scelta nel vino

Meno tipologie di vino per vendere più vino” ecco l’applicazione di una nota legge del marketing che, secondo alcuni, non funziona sulle bottiglie

bottiglie di vino

bottiglie di vino

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

L’enorme numero di etichette rischia di disincentivare gli acquisti soprattutto davanti ai sovraffollati scaffali dei supermercati

Nel mondo ci sono 6,8 milioni di bottiglie censite da Wine Searcher quindi distribuite oltre l’ambito locale. Consumandone una al giorno servono oltre 18mila anni per assaggiarle tutte. C’è da chiedersi se un così grande numero di etichette serva oppure sia decisamente dannosa. E’ questo il punto di partenza di un

Rebecca-Gibb

Rebecca-Gibb

interessantissimo articolo di Wine Searcher che vi suggerisco di leggere. La base teorica è la celebre legge del marketing chiamata “paradosso della scelta” secondo la quale l’abbondanza di opzioni deprime i consumi perché innesca la paura di sbagliare. Una regola che ha trovato numerose conferme in sperimentazioni effettuate nei supermercati: il banco con 24 barattoli di marmellata attrae di più, serve molti più assaggi ma vende meno del banco con 6 marmellate (Sheena Iyengar, Mark Lepper).

Produttori, puntate sulla formazione per vendere il vino

I corsi sul vino servono a spostare l’argomento principale dal prezzo all’ apprezzamento, insegnano il consumo responsabile soprattutto a ridurre la confusione

corso sul vino

didattica sul vino

E’ infatti l’enorme numero di etichette, brand e denominazioni che confonde il consumatore e danneggia il commercio del vino. Un caos dove anche i wine lovers, a volte, si smarriscono.
Ecco che Richard Sagala MBA e presidente della scuola “In vino veritas” ha condotto un’indagine nel 2010 in Quebec fra chi aveva frequentato corsi sul vino per capire se tale formazione aveva lasciato effetti duraturi sul bagaglio informativo, il coinvolgimento e la percezione del vino. L’indagine è pubblicata su “Wine economics” (february 2013)e da esiti davvero incoraggianti
Sono stati somministrati questionari durante e dopo un corso di 15 ore diviso in cinque lezioni serali organizzate dal SAQ monopolio del Quebec che, oltra ad vere una funzione di regolatore del mercato, si impegna nella diffusione della cultura del vino.

Il vino ha bisogno di un social media su misura

Facebook e Twitter forse non bastano per dare al mondo del vino notizie e contatti come per gli studenti USA che usano un canale specifico

California-Polytechnic-State-University

California-Polytechnic-State-University

Un recente studio di Marianne McGarry Wolf, Mitch Wolf, Leanne Brady, Hanna Peszynski, Lindsey Higgins and Shane Wolf  pubblicato in “Wine economics” mostra come  il mondo del vino faccia un uso crescente dei social media. 11,5 milioni di utilizzatori statunitensi di Facebook sono interessati a vino, birra o superalcolici. Per questo il comparto enologico usa internet per dialogare con i clienti e definire il loro profilo. Ma non solo, lo usa anche per stabilire relazioni industriali e trovare fornitori. Un’indagine di ABLE “Social Media Marketing” 2012  ha rivelato che il 94% delle cantine americane sono su Facebook , il 73% sono su Twitter e quasi la metà ritiene che i social media agevolino la vendita dei vini.

I giudizi di guide e esperti servono a migliorare l’offerta?

L’esempio dei ristoranti di New York rivela come il giudizio degli esperti  possa far crescere i prezzi senza innalzare la qualità dei cibi

Wine Economics

Wine Economics

Un’indagine di Oliver Gergaud, Karl Storchmann e Vincenzo Verardi pubblicata dal n° 180 di “Wine economics” ci mostra gli effetti della Guida Michelin sui ristoranti di New York arrivando a un bilancio negativo.

Dal 1979, ogni anno, 2.000 ristoranti di New York vengono  recensiti dalla guida Zagat. Fino al 2005 questo

Michelin-Zagat

Michelin-Zagat

repertorio è stato l’unico con un reale peso sul mercato ed è tutt’ora considerato di grande autorevolezza. Nel 2005 uscì la prima edizione della guida rossa Michelin -100.000 copie vendute- causando un autentico terremoto.  Infatti << while Zagat is a plebiscite, Michelin is a tribunal>> in altre parole mentre Zagat esprime l’opinione dei consumatori  (25/30.000 pareri ) la Michelin si basa su 5 esperti che visitano i ristoranti in forma anonima.  Il loro giudizio da più importanza alla presentazione e al servizio mentre sul cibo è spesso in contrasto con il giudizio dei consumatori. Da qui il terremoto.