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La saga di Fiorano fra Antinori e Boncompagni Ludovisi

Una storia che sembra la continuazione del Marchese del Grillo, sullo sfondo vini da mito e il marchio Fiorano conteso fra gli Antinori e i Boncompagni Ludovisi

Alessia Antinori

Alessia Antinori

Donatella Cinelli Colombini, Brunello, Casato Prime Donne

Comincio da un fatto di attualità avvenuto il 24 ottobre scorso a New York dove Alessia presiedeva a una degustazione da 175$ a persona presso l’ Italian Wine Merciants per presentare i vini prodotti a Fiorano da suo nonno il Prince Alberico Boncompagni Ludovisi. E’ in quella sede che due persone le hanno presentato dei documenti legali contestandole l’uso del nome “Fiorano”. Un colpo di scena organizzato del lontano cugino Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi che ha anche rilasciato una dichiarazione sull’accaduto a The Drinks Business <<My farm estate Tenuta di Fiorano has the

Alessandrojacopo-Boncompagni-Ludovisi

Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi

exclusive rights in European Union and the rest of the world to the brand names ‘Fiorano’ and ‘Fioranello>> la mia azienda Tenuta Fiorano ha il diritto di usare il nome Fiorano e Fioranello in esclusiva in Europa e nel resto del mondo.
Una contestazione più da tribunale che da sala da degustazione che passerebbe inosservata se non fosse coinvolta la famiglia del Marchese Piero Antinori, uno dei brand vinicoli più prestigiosi del mondo. Da qui la mia curiosità, e spero anche la vostra, di sapere perché le vigne e il nome Fiorano hanno scatenato un tale putiferio.
Parto da un meraviglioso articolo di Armando Castagno intitolato “Fiorano memorie e girandole” pubblicato lo scorso anno su “Vitae”. Armando ci porta per mano a scoprire un luogo pieno di fascino.

La mineralità: lieviti non terroir

Moltissimi ormai escludono il collegamento fra la mineralità e il terreno dei vigneti e credono che siano invece i lieviti a dare il sentore di pietra focaia

Chablis

Chablis

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

Più aumenta la moda dei caratteri minerali, specialmente nei Paesi di lingua inglese, più crescono le ricerche sulla sua origine. Tutte le cantine vorrebbero infatti dare un tocco di mineralità ai loro vini ma, finché la causa resta sconosciuta, sarà difficile riuscire ad aumentarlo. La convinzione che prende sempre più consistenza è l’esclusione del terreno, cioè di quello che, storicamente, veniva messo in relazione con la mineralità. L’opinione che le pietre diano sapori e profumi al vino fa sorridere gli studiosi. <<With the odd and fairly

Barry Smith della London’s School of Advanced Study

Barry Smith della London’s School of Advanced Study

irrelevant exceptions like sodium chloride, by and large, minerals have no taste.>> ha dichiarato Alex Maltman, geologo della Aberystwyth University <<con l’eccezione quasi irrilevante del cloruro di sodio, i minerali non hanno sapore>>, della serie prova a metterli in bocca e vedrai! L’argomento parte dunque con una presa di posizione ferma e, direi, rivoluzionaria del mondo scientifico rispetto alla convinzioni più diffuse fra gli assaggiatori.

Vigne vecchie o vigne giovani? Questo è il dilemma!

Meglio le vigne vecchie per la complessità che conferiscono al vino oppure quelle giovani che danno caratteri varietali ed esuberanza?

Vecchie viti

Vecchie viti

Di Donatella Cinelli Colombini

Gli agronomi e gli enologi ne discutono da anni. La cosa sicura è che le vigne vecchie portano a maturazione un’uva di buon livello anche nelle annate più sfavorevoli ma producono poco. Cioè sono qualitativamente più costanti e capaci di eccellere in qualità ma quantitativamente sono più deboli.
Resta da vedere da che parte pende la bilancia. Uno dei maggiori sostenitori dei vigneti vecchi è Alain Carbonneau

Taill-Hiver-vigne-Mouton-Rothschild

Taill-Hiver-vigne-Mouton-Rothschild

professore emerito che tutti considerano una sorta di genio della viticultura. Le sue parole sono il filo conduttore di un bellissimo articolo della Master of Wine Sally Easton in  The Drinks Business. A suo avviso, la complessità e l’eleganza dei vini provenienti da vecchi vigneti non hanno eguali, soprattutto nelle varietà tardive con il Cabernet Sauvignon e il Carignan.
Château Ausone e Château Mouton Rothschild, molti vigneti della Languedoc producono i vini di punta dalle vigne più vecchie. Ma cosa si intende esattamente per vigne vecchie?

Birra: le bionde si tingono di rosa, arrivano le donne

La birra sembra un mondo maschile ma in realtà nell’antico Egitto erano le donne a produrla e oggi ci sono decine di birrifici al femminile We can do it

We can do it FemAle Svezia

We can do it FemAle Svezia

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

Fu una suora tedesca a capire che l’aggiunta di luppolo allungava la vita alla birra e questo consentì la produzione industriale della celebre bionda. Le donne hanno avuto un ruolo determinante nella storia della birra, compresa la dea Nin Kasi che presiedeva alla sua produzione fra i babilonesi, e oggi cominciano ad essere importanti anche nel maschilissimo mondo dei birrifici.

Meg-Gill

Meg-Gill

The Drinks business ha messo in fila le 10 migliori ribattezzandole “brewsister” sorelle birraie come usava nelle gilde medioevali.
Ce ne sono ovunque, in Australia, Gran Bretagna, Usa, Svezia…. Italia. Nascono spesso da piccolissime birrerie artigianali, negli ultimi 20 anni e nella maggior parte dei casi dopo il 2000. Tutte queste imprese hanno avuto crescite verticali nell’ordine del 20% all’anno. Le birrerie al femminile vincono premi, come Sara Barton birraia dell’anno 2012 in UK oppure le tante medaglie del birrificio The Waen Brewery di Sue Hayward. Le donne fanno la comparsa nelle stanze dei bottoni dei grandi gruppi, ad esempio Emma Gilleland è capo birraio, la prima in 179 anni, del birrificio britannico Marston e Gwen Conley è direttore di produzione della Port Brewing in California oltre che reputatissimo assaggiatore di birra. Si tratta sempre di storie coraggiose, donna è la più giovane birraia degli Stati Uniti, Meg Gill oppure Kim Jordan CEO del terzo birrificio artigianale USA in ordine di grandezza, la New Belgium Brewing Company.

Pinocchio la bottiglia che da al vino il gusto di legno

Dopo gli ultrasuoni per invecchiare il vino ecco la bottiglia che sostituisce un anno di barrique in pochi giorni. Troppa voglia di giocare al wine maker?

Pinocchio Barrique Bottle

Pinocchio Barrique Bottle

Visto per voi da Donatella Cinelli Colombini

Viene il dubbio che queste nuove proposte convincano i consumatori più inesperti della possibilità trasformare bottiglie mediocri in qualcosa di prezioso spendendo pochissimo.
C’è poi l’istinto del “bricolage” del “fai da te” che in Nord Europa e Nord America è molto diffuso, del tipo <<ho costruito la casa con le mie mani>>. Un rinnovato bisogno di manualità ed esperienza che in certi casi da buoni frutti, per esempio nella produzione di ortaggi freschi in terrazzo e in giardino. In ogni modo le bottiglie in legno sono tutt’altra cosa dalla libreria Ikea da montare a casa. Ricordano il SonicDecanter che promette di invecchiare il vino a casa, in poche ore e a basso costo. Anche in questo caso il messaggio mira a convincere il consumatore che può risparmiare giungendo allo stesso risultato ottenuto in cantina con botti e barriques con anni di lavoro.
Le ditte produttrici, che ho trovato in internet, sono due. Paglione Oak Bottle di Chicago. Sito molto ben fatto con un video che spiega la tecnica di utilizzo: riempi la bottiglia di legno d’acqua per un giorno, togli l’acqua e metti il vino per 48-72 ore e il gioco è fatto. Nei testi si spiega che la bottiglia di rovere è un perfetto sostituto dei fusti in legno della cantina <<The oak barrel is considered the most traditional oak infuser but it can be bulky and awkward to handle. The Oak Bottle puts the infuser in the palm of your hand >>. Le botti di rovere sono considerate il modo più tradizionale per dare al vino un gusto di legno ma esse sono ingombranti e difficili da maneggiare. La Oak Bottle mette nelle tue mani la possibilità di dare al vino il gusto di legno.

I cani delle cantine e cantine dog friendly, una nuova moda

Libri, siti, pagine Facebook, persino concorsi, i winery dog sono diffusissimi e ormai talmente importanti da avere le classifiche delle cantine più amichevoli 

rodney wine dog

rodney wine dog

Di Donatella Cinelli Colombini

E’ una storia talmente incredibile che non mi crederete. In Australia c’è un fotografo che lavora a tempo pieno sui “Wine dogs” e sforna libri su libri con immagini di cani di cantina. Si chiama Craig McGill e la sua star è un retriever riccio di 9 anni che si chiama Rodney  e abita nella Hugh Hamilton Wines. Allo stesso autore si riferisce il sito winedog che si presenta con la frase The original wine dog book ed è una sorta di enciclopedia dei cani delle cantine di tutto il mondo. C’è persino il “Cane del vino del mese” che, a gennaio 2015, era Dutchess un labrador della Dutcher Crossing Winery in California.

Violante Gardini asciuga Felix Fattoria del Colle

Violante Gardini asciuga Felix Fattoria del Colle

Praticamente tutte le cantine USA hanno un cane e i libri su di loro sono in vendita accanto alle bottiglie. I cani di cantina hanno anche una pagina Facebook con oltre 3.000 mi piace. A Napa Valley c’è una lista di dog friendly wineries – cantine amiche dei cani e un fiorire di recensioni nei blog sugli amici a quattro zampe. << Good wine, good dogs, great art and good company, what more could you ask for? >> un buon vino e un buon cane cosa vuoi di più dalla vita? Si chiede dogzenergy raccontando di una degustazione attrezzata con un’area per cani dove i quadrupedi si potevano scatenare.
Infine i concorsi: ecco il premio per le 5 sale da degustazione delle cantine più amiche dei cani dove la Frank Family Vineyards arriva al primo posto.

Il grande fratello del vino: dimmi cosa bevi ti dirò chi sei

Si chiama YouGov ed è un nuovo sistema inglese per profilare i consumatori on line. Sembra un gioco ma forse è un sistema di indagine anche troppo invasivo

Dom Pérignon

Dom Pérignon

Visto per voi da Donatella Cinelli Colombini

YouGov fornisce informazioni sullo stile di vita dei consumatori basandosi sulle loro affinità verso marchi, persone o organizzazioni. The Drinks Business, l’informatissimo sito inglese su tutto ciò che arriva nel bicchiere, gli ha dedicato un articolo che oscilla fra l’ironia e il timore circospetto. Si perché 2,5 milioni di risposte in 11 nazioni non sono poche e le particolarità che vengono fuori lasciano davvero sbalorditi.

Gloria Gaynor

Gloria Gaynor

Per esempio il consumatore di Jack Daniels tende a votare a destra, passa il suo tempo libero giocano al computer o facendo box e guida un’Audi. Ovviamente i profili riguardano solo brand diffusissimi ma arrivano a dettagli sorprendenti.
Chi beve Don Perignon è un uomo d’affari di sessant’anni il cui piatto favorito è l’aragosta. Ha una Jaguar e la sera adora guardare Gosford Park, che è il suo film favorito, oppure ascoltare Gloria Gaynor.

La sfera di cristallo del vino: cosa ci aspetta nel 2015

Wine Searcher e The Drinks business svelano il futuro del vino e della buona tavola. Avanzata dei cocktail, delle birre artigianali, dei vini dolci e dei dolci

cocktail-e-birra

cocktail-e-birra

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

<<più di ogni altro prodotto il vino richiede tempo>> Dunque il vino non è fra le cose effimere. Eppure mai come ora c’è la ricerca di vini unici, diversi da ogni altro e soprattutto di momenti unici, multisensoriali …. con luci, suoni, oggetti da toccare e ovviamente sapori capaci di creare emozioni indimenticabili.

Champagne birra e ribes e aragosta

Champagne birra e ribes e aragosta

• L’informalità domina la buona tavola, basta con le tovaglie bianche. A Londra molti ristoranti stellati hanno “fratellini” più a buon mercato. Le culture gastronomiche si mescolano in modo impressionate … La capitale britannica che è stata recentemente invasa da una sorta di “mania dell’aragosta” servita anche in panini e take away a prezzi più che abbordabili.
• Spazio ai vini unici e soprattutto all’assaggio di grandi bottiglie che, grazie a Coravin, potranno essere anche vendute a bicchieri… o meglio a gocce ..visto il prezzo.
• Nei ristoranti i sommelier diventano sempre più importanti nella scelta dei vini mentre diminuisce l’influenza dei critici.
• La decisione della Corte Suprema mette le ali alle spedizioni di vino, fa crescere le piccole cantine e calare le vendite delle enoteche perché diventa più conveniente ordinare le bottiglie al produttore
• Global warming apre nuove opportunità alle zone fredde come l’Ontario in Canada e mette in dubbio le prospettive dello Chardonnay a Napa Valley.

Scandaloso! Prosecco alla spina

A Londra lo vendono come “Vino frizzante italiano” e sta dilagando: Pizza Pilgrims a Soho, Tozi a Victoria e il ristorante del Covent Garden

Prosecco alla spina

Prosecco alla spina

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini
Tutto è iniziato prima di Natale quando un pub di Leeds ha pubblicizzato su Facebook il Prosecco alla spina. La notizia è stata ripresa dal quotidiano Daily Mail e ha avuto anche un hashtag Twitter di notevole successo #proseccoontap cioè prosecco alla spina. A quel punto i produttori del Veneto sono scesi sul piede di guerra sollecitando l’intervento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi.

commonprosecco

commonprosecco

Infatti il regolamento europeo impone di commercializzare il Prosecco solo in bottiglia. Il nome del vino è quindi scomparso sostituito dalla dizione “vino frizzante italiano” ma la tipologia del vino è proprio quella sia negli aromi che al gusto e anzi i gestori dei pub giocano sul “detto e non detto” per commercializzarlo come Prosecco anche senza scriverlo esplicitamente.

L’Italia del vino va da Papa Francesco

Il 21 gennaio Franco Ricci presidente della Fondazione Italiana Sommelier guiderà una delegazione di 150 esponenti del mondo del vino dal Santo Padre

Papa Francesco

Papa Francesco

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

Il sito inglese The Drinks Business ha titolato in modo sarcastico <<vanno dal Papa per chiedergli di pregare per la vendemmia 2015>>. Commento decisamente cattivo che nel corpo dell’articolo rincara la dose << il 2014 è stata un’annata da dimenticare per il vino italiano, la più scarsa in 50 anni, massacrata dal maltempo. Poi c’è il declino del consumo interno di vino>> Insomma la visita dal Papa viene presentata come un’azione utilitaristica quasi fosse lo stregone a cui chiedere la danza della pioggia.

Non condivido né il contenuto né il tono di questo articolo e trovo invece encomiabile l’udienza pontificia organizzata da Franco Ricci. <<Il Papa ama il vino e lo beve a tavola a Santa Marta>> ha detto Ricci a Luciano Ferraro di DiVini del Corriere della Sera << io gli ho scritto chiedendo di fargli visita con un vasto gruppo del nostro settore e Padre Georg mi ha risposto>> .
Bellissima l’iniziativa di Ricci che riavvicina il mondo del vino alla Chiesa facendo leva sull’origine di Papa Francesco da una famiglia di vignaioli dell’astigiano.

I 10 furti di vino più sbalorditivi della storia

Quello che si beve il vino del Principe Carlo, chi si infila Mouton Rothschild nei pantaloni, chi ruba per amore ….ecco la classifica di The Drinks Business
Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

Queen-Elizabeth-Angry

Queen-Elizabeth-Angry

Il furto di vino più sorprendente è di Michael Fagan un disoccupato che, nel 1982, si introdusse nella camera da letto della Regina Elisabetta e fu poi condannato per essersi scolato mezza bottiglia di vino australiano destinato al Principe Carlo. Infatti, fino al 2007 entrare a Buckingham Palace, senza invito, non era un reato e dunque per punire l’indiscreto visitatore non poterono fare altro che condannarlo per il furto del vino.

Altra storia buffa quella del truffatore che si è spacciato per l’agente del calciatore del Chelsea Didier Drogba ed è andato in un ristorante di Cambridge con due stelle Michelin prenotando un tavolo e vini come Château Lafite e Petrus. Più seria invece la storia della banda catturata dai gendarmi francesi all’inizio del 2014, dopo che, per mesi, avevano assaltato una cantina di Bordeaux ogni quindici. Bottino complessivo un milione di Euro.
C’è poi il furto di vino per amore di una ragazza texana che ha rubato per farsi arrestata e rivedere il suo ragazzo che era in prigione da qualche ora.

Latour lascia la vendita en primeur è la fine di un sistema?

La vendita en primeur riguarda vini in botte e consente di investire e, spesso di speculare, sulla crescita del loro valore prima della consegna sul mercato

Latour

Latour

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini
I negotiants acquistano dunque i vini 18 mesi o un anno prima dalla vendita al pubblico. L’en primeur riguarda soprattutto Bordeaux, Borgogna, Cote du Rhône e Porto. I profitti possono essere impressionanti.  Wikipedia riporta, a titolo di esempio, lo Château Latour 1982 che fu acquistato a 250 Sterline la cassa un anno dopo la vendemmia e rivenduto nel 2007 a 9.000. 

Bordeaux-Negociant

Bordeaux-Negociant

Quest’anno proprio Latour ha lasciato il mercato en primeur e la notizia ha fatto il giro del mondo. L’informatissimo sito The Drinks business ha pubblicato una riflessione che inizia con un quesito: gli altri Premier crus lo seguiranno?

Chateau Latour appartiene al ristrettissimo gruppo dei First Growth un olimpo istituio nel 1855 di cui fanno parte anche Château Lafite Rothschild, Château Margaux, Château Haut-Brion e, dal 1973, anche Mouton Rothschild.
Questi sono i miti dei miti del vino, le cantine leggenda 1° crus. Ogni notizia che le riguarda viene vista dal mercato e dai collezionisti come un fatto della massima importanza e dunque la decisione di Latour di lasciare il mercato en primeur è di quelle da prima pagina.
Il sistema ha dato enormi profitti a tutti e si basa sull’esistenza di centinaia di negotiants cioè società di distribuzione, anche mondiali, che si occupano di vendere e promuovere i vini acquistati quando sono ancora in botte.

Dopo master of wine e master sommelier ecco la Royal in law

L’avvenente Pippa Middleton sorella della futura regina d’Inghilterra Kate e cognata del Principe William ha superato l’esame di Wine and Spirit Education Trust

Pippa-Middleton

Pippa-Middleton

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

A volte i cambiamenti avvengono anche grazie a personaggi simbolo che danno loro un volto e una storia. Tendenze che nascono spontaneamente rispecchiando bisogni che sono già nell’aria. Questo è il caso di Pippa Middleton che ha frequentato con successo il corso avanzato sul vino WEST – Wine and Spirit Education Trust << un percorso professionale per chi vuole organizzare eventi o fare il sommelier >> ha spiegato la cognata più famosa del mondo, che ha frequentato le lezioni per assumere un ruolo nella rivista “The Spectator” per cui lavora e che ha un ottimo wine club. Pippa ha dunque uno spiccato interesse per il vino e ha cercato di svilupparlo anche con qualche disavventura. Nell’articolo di The Drinks Business che ha diffuso la notizia, racconta come sia dovuta entrare di soppiatto nel negozio di vino sotto il suo ufficio per sfuggire ai paparazzi che l’inseguono costantemente <<poteva essere leggermente imbarazzante essere fotografata mentre mi aggiravo in negozio di alcolici un sacco di volte nel pomeriggi>>. Tenace e scaltra la piccola!

I 10 lavori del vino migliori del mondo

Di nuovo da The Drinks Business e di nuovo una classifica mondiale sui lavori che trasformano la passione nel vino in una carriera brillante e remunerativa

Sommelier_e_Tastevin

Sommelier

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

I dieci lavori del vino messi in una classifica intrigante e leggermente  irriverente

10° Sommelier cioè colui che seleziona i vini, organizza le scorte e il servizio nei migliori ristoranti e enoteche. La retribuzione media è 21.000 £ l’anno ma può salire anche molto se c’è il titolo di Master Sommelier. Il personaggio più noto è sicuramente Gerard Basset l’unico ad avere contemporaneamente i titoli di Master of Wine, Master Sommelier e Campione del mondo ASI (2010).
9° Assaggiatore volante. E’forse il lavoro più inconsueto: quello di selezionatore di vini per le compagnie aeree.

Pierre Castel

Pierre Castel

Sembra facile, ma in realtà le percezioni ad alta quota cambiano e quindi la selezione è basata su criteri diversi da quelli usati a terra. Ken Chase e ( a mio avviso) Markus Del Monego sono sicuramente i personaggi top a cui fare riferimento.
8° Proprietario di un grande brand. La domanda viene spontanea << solo ottavo?>> a me, il lavoro di guidare grandi compagnie del settore wine, sembra il più entusiasmante e il più difficile! In questo caso l’uomo simbolo citato da Drinks Business è il 166° uomo più ricco del mondo nella classifica Forbes e il 7° fra quelli del vino. Si tratta di Pierre Castel proprietario del Castel Groupe che viene accreditato di una fortuna di 8 miliardi di Sterline. Come dire qui voliamo proprio alto, altro che assaggiatore volante!

Il marchio del vino più forte del mondo è cileno

E’ Concha Y Toro la cantina cilena che ha battuto la concorrenza dei brand USA e australiani che dominano la classifica di The Drinks Business

Casillero del diablo Concha Y Toro Cile

Casillero del diablo Concha Y Toro Cile

Di Donatella Cinelli Colombini

La lista dei 10 Top brand più influenti del vino è redatta dalla rivista inglese The Drinks Business che ci delizia ogni settimana con le più svariate classifiche: dagli enologi alle donne del vino di fama internazionale. Anche in questo caso lo scenario è il mondo, vengono presi in considerazione sono i 200 brand con distribuzione “autenticamente” globale. Rispetto allo scorso anno ci sono 2 marchi della Gallo mentre è uscito dalla classifica il gigante statunitense Blossom Hill relagato all’11° posto. I criteri di valutazione sono principalmente tre: la quota di mercato posseduta, la crescita negli ultimi anni e le tendenze future, il posizionamento/prezzo soprattutto in base al numero dei marcati in cui il brand ha una presenza significativa nel segmento premium. In misura minore contano anche la longevità, la coerenza del marchio e il suo radicameno fra i consumatori. Dopo un calcolo matematico complesso, dei parametri esaminati, esce la classifica dei TOP 10  del vino in cui non c’è nessun marchio italiano. I nostri sono troppo piccoli per le super potenze globali.